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Il candore di Cerone

Prosegue fino al 21 gennaio, alla Galleria Gruppo Credito Valtellinese, nel complesso delle Stelline, la mostra «Giacinto Cerone. Santo e contrario» curata da Raffaele Gavarro (catalogo Manfredi Edizioni)

Dopo l’antologica del 2011 alla Gnam e quella dedicata dal Macro di Roma ai soli dipinti, per questa prima mostra pubblica del lavoro a Milano si è puntato su una costante del suo linguaggio espressivo, il colore bianco, cui l’artista assegnava il compito di negare la materia: di smaterializzare, letteralmente, la scultura, liberandola da ogni valenza naturalistica.

Artista visivo e poeta, teorico e raffinato intellettuale, Cerone, che era nato a Melfi nel 1957, è scomparso a Roma nel 2004. Ma a dispetto della sua non lunga stagione d’artista, e della difficoltà del suo lavoro di essere inquadrato in una delle categorie care alla critica d’arte, con la sua scultura inquieta e riflessiva ha saputo conquistarsi un ruolo primario in seno all’arte dell’ultimo Novecento.

La mostra milanese presenta, nello spazio ascetico dell’antico Refettorio delle Stelline, una trentina di sue sculture, realizzate con il gesso, il cemento, la ceramica, la plastica, il legno, e accomunate dall’assoluto candore, poste qui in dialogo con i disegni dai colori intensi (mai disegni progettuali, bensì lavori dotati di totale autonomia), che Cerone tracciava per muoversi su un piano orizzontale, che contraddicesse la verticalità della scultura.

Ada Masoero, 04 gennaio 2017 | © Riproduzione riservata

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Il candore di Cerone | Ada Masoero

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