Casa Litta-Palazzo Orsini torna al suo splendore

La splendida residenza nobiliare passata all’Ordine di Malta restaurata grazie all’intervento della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti

Una delle quattro console barocche di fattura romana nella Sala Verde, ciascuna sovrastata da un busto di imperatore romano in marmi policromi e da un dipinto di Gaspard Dughet (1615-75)
Ada Masoero |

Dove, se non a Roma, si può vivere dentro un teatro romano fatto erigere da Giulio Cesare, ampliato da Augusto (che lo dedicò al nipote Marco Claudio Marcello), divenuto nel Medioevo una casa fortificata e poi trasformato nei secoli fino a diventare un magnifico palazzo nobiliare? Stiamo parlando di Palazzo Orsini, già Palazzo Savelli (fu il cardinale Giulio Savelli, alla metà del Cinquecento, ad affidare la fortezza a Baldassarre Peruzzi perché la ridisegnasse radicalmente).

Nel secolo scorso l’edificio, che poggia sulle arcate poderose del Teatro di Marcello, fu frazionato, e un’intera ala, di quattro piani, entrò in possesso di Valeria Rossi di Montelera Litta Modignani, che ne fece una meravigliosa residenza e che, scomparso prematuramente il figlio Eugenio, nel 1994 la lasciò all’Ordine di Malta. Oggi Casa Litta-Palazzo Orsini ospita l’Ambasciata del Sovrano Ordine di Malta presso la Santa Sede nei suoi saloni, splendidi sì ma, fino al gennaio del 2020, seriamente ammalorati. Fu allora, infatti, che l’ambasciatore Antonio Zanardi Landi si rivolse alla marchesa Giovanna Sacchetti, energica presidente della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti Onlus, cui si devono numerosi, importanti interventi, chiedendole il suo supporto.

«Accolsi con gioia quella richiesta, spiega Giovanna Sacchetti, perché le missioni della Fondazione consistono da un lato nel sostegno della ricerca scientifica, dall’altro in quello che mi piace chiamare un “mecenatismo contemporaneo”, che si pone il fine della tutela, conservazione, promozione, valorizzazione e diffusione del patrimonio storico, culturale e artistico. Conoscevo alla perfezione quel palazzo, perché lo frequentavo quando Valeria Litta ci abitava, e sapevo quanto lei amasse quella dimora, che aveva arredato con mobili romani quando nessuno li cercava (tutti allora volevano gli arredi francesi): una passione che ci univa, perché anch’io ho sempre molto amato il Seicento romano. La sua era una casa impeccabile e quando seppi che l’aveva lasciata all’Ordine di Malta, sperai in una continuità. Sono stata quindi felice che, dopo anni non felicissimi per il palazzo, l’ambasciatore Zanardi Landi mi abbia chiesto d’intervenire a favore di queste stanze così ricche di tesori».

Il restauro (condotto con la Soprintendenza romana), che viene presentato il 21 settembre, ha interessato il Salone Verde, di cui sono stati recuperati i cassettoni lignei del soffitto e il fregio dipinto con giochi di putti, il Salone Giallo, anch’esso con un importante soffitto a cassettoni, e la Sala da pranzo. Tutte sale arricchite da magnifici arazzi, due dei quali, molto preziosi (nel Salone Giallo) fanno parte della serie di 11 esemplari dei «Paesaggi con animali» (qui, due struzzi e un leopardo guardingo, dal muso vagamente antropomorfo, in una vegetazione rigogliosa), firmati dal famoso arazziere Jan Raes e tessuti tra il 1611 e il 1614 nella celebre Manifattura di Bruxelles di Catherine van den Eynde. Nobilissimo il pedigree: commissionati dal cardinale e collezionista Alessandro Peretti Montalto, passarono poi ai Chigi, ai Torlonia e agli Sforza Cesarini.

Star del Salotto Verde è invece il superbo Tavolo Borghese, realizzato nel 1634-35 da Alessandro Algardi per il principe Marcantonio Borghese, montandovi una rara lastra di diaspro ereditata dal cugino, il cardinale Scipione Borghese: sebbene modificato nel 1773 da Luigi Valadier, è un esempio sbalorditivo del più sontuoso Barocco romano. Ma oltre alle pitture murali, ai soffitti e ad alcuni arredi, la Fondazione Sacchetti ha provveduto ai parati serici, danneggiati dalle infiltrazioni d’acqua e ora ritessuti sull’antico modello dalle tessiture di San Leucio, fondate dai Borboni nel 1778 e tuttora attive per le più alte committenze.

Risanata anche nelle strutture, grazie all’apporto di altri mecenati, e riportata al suo splendore, la sede dell’Ambasciata potrà ora «essere messa a disposizione d’imprese, banche o istituzioni che vogliano usufruire di questi spazi, ci anticipa Antonio Zanardi Landi. A loro chiederemo solo di dare un contributo per le più importanti finalità dell’Ordine. Siamo molto felici di aver potuto preservare un immobile storico di tale importanza nella storia di Roma (dando, inoltre, lavoro a 25 persone tra restauratori, tappezzieri e altre professionalità nei mesi durissimi della pandemia) e di aver potuto preservare, grazie alla Fondazione Sacchetti, l’atmosfera dell’antico: la sfida dell’Ordine, in questi anni, è proprio la battaglia “contro il vecchio e a favore dell’antico”. Ma ancor più ci rende felici poter collegare la proprietà di un palazzo storico con le nostre opere assistenziali, specie in Medio Oriente. Penso soprattutto, ma non solo, all’Ospedale dell’Ordine di Malta a Betlemme, dove ogni anno 4.500 madri musulmane, che vengono da zone non certo privilegiate, assistite da operatori di religioni diverse, partoriscono i loro bambini con standard di sicurezza pari a quelli di Roma».

© Riproduzione riservata La Sala Verde con, al centro, il Tavolo Borghese realizzato da Alessandro Algardi nel 1634-35 su commissione del Cardinale Borghese e completato da Luigi Valadier, il soffitto a cassettoni settecentesco e il fascione affrescato con putti che giocano La Sala Gialla con i due arazzi seicenteschi realizzati da Jan Raes II nel 1611-14 su commissione del Cardinal del Monte L’ingresso ai saloni di rappresentanza con due console barocche con piano in scagliola bianca e nera
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