Giorno per giorno nell’arte | 21 settembre 2022
I danni della alluvione al patrimonio culturale delle Marche | Yves Bouvier ha venduto il porto franco di Singapore a Jihan Wu | Un podcast sulla morte di Ana Mendieta | In Israele sono stati trovati in vasi del XIV secolo a.C. residui di oppio | Un plastico in 3D per la Reggia di Caserta | La giornata in 12 notizie

L’alluvione che ha colpito le Marche ha provocato danni anche al patrimonio culturale nel senigalliese, nel pesarese e nell’interno dell’alto anconetano, come rileva l’Unità di Crisi e Coordinamento Regionale (Uccr) del Ministero della Cultura che si è mobilitata immediatamente con i Vigili del Fuoco e con il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri di Ancona. Il bilancio è in divenire, storici dell’arte, architetti e archeologi della Soprintendenza sono partiti subito e stanno compiendo sopralluoghi, spiega il referente della comunicazione dell’Unità di crisi marchigiana, Maurizio Bilò. L’Unità di crisi precisa: come avviene con ogni calamità per una stima complessiva serve ancora un po’ di tempo, la situazione è in divenire. Per adesso si può rilevare che il ponte romano lungo la via Flaminia nella frazione di Pontedazzo di Cantiano, nel pesarese, ha subito danni ma ha retto alla piena del fiume Burano; a Pergola la chiesa settecentesca di Santa Maria delle Tinte è stata invasa dal fango e le opere all’interno sono state spostate e messe in sicurezza. Eventuali danni si possono segnalare scaricando un modulo da una pagina web dedicata. Il modulo va poi inviato alla mail sr-mar.uccr@cultura.gov.it. [Stefano Miliani]
Il mercante d’arte svizzero Yves Bouvier, un tempo soprannominato «il re dei porti franchi», ha venduto il suo porto franco di Singapore al miliardario cinese Jihan Wu per 28,4 milioni di dollari. Bouvier fa notizia dal 2014, quando è stato arrestato dopo che l’oligarca russo Dmitry Rybolovlev lo ha accusato di frode. Negli ultimi sette anni, Rybolovlev ha intentato cause penali e civili contro Bouvier, che secondo lui lo ha frodato per 1 miliardo di dollari su 38 transazioni artistiche per un valore complessivo di 2 miliardi di dollari. Bouvier ha negato tutte le accuse e l’ultima volta ha dichiarato «vittoria completa» dopo che un pubblico ministero ha archiviato il caso contro di lui. Tuttavia, a luglio, i tribunali di Ginevra hanno riaperto la causa contro Bouvier. La vendita del porto franco segna una perdita significativa per Bouvier, poiché la costruzione originale della modernissima struttura nel 2010 aveva un costo stimato di 70 milioni di dollari. [Alexandra Bregman]
Un podcast sulla morte di Ana Mendieta. La domanda ce la si porrà sempre. Il celebre scultore minimalista Carl Andre ha ucciso sua moglie, la promettente artista Ana Mendieta, spingendola fuori dalla finestra di un appartamento al 34mo piano nel 1985? Andre è stato processato e ritenuto non colpevole di omicidio di secondo grado, ma il giornalista investigativo Robert Katz ci ha fornito molte ragioni per dubitare di quel verdetto nel suo libro del 1990 Naked by the Window: The Fatal Marriage of Carl Andre and Ana Mendieta. Ora, la curatrice Helen Molesworth rivisita la morte di Mendieta, il processo di Andre e il modo in cui ha diviso il mondo dell’arte di New York nel suo nuovo podcast «Death of an Artist». [Jori Finkel]
In Israele sono stati trovati in vasi risalenti al XIV secolo a.C. residui di oppio. È la più antica prova dell’uso della droga nel mondo, secondo quanto ha dichiarato il 20 settembre l’Autorità israeliana per le antichità. Questi residui di oppio sono stati trovati in vasi di ceramica scoperti a Tel Yehud, in tombe cananee portate alla luce nel 2012. «Crediamo che l’oppio fosse usato per un rito. Questa droga aveva senza dubbio lo scopo di sollecitare l’anima del defunto, attraverso un processo estatico, e serviva ad aiutare le persone a loro vicine a entrare in contatto con lui», ha detto un funzionario dell’Autorità israeliana. [Redazione]
Un plastico in 3D per la Reggia di Caserta. Sta per essere terminato un modello 3D ad alta definizione della facciata, del tetto di copertura, del quarto cortile e di metà della galleria centrale del Cannocchiale della Reggia di Caserta. La presentazione per la stampa si terrà il 30 settembre alle ore 11, nella Sala degli Incontri d’Arte della Reggia di Caserta. [Redazione]
David Breslin, co-curatore della Biennale di Whitney di quest’anno, è stato scelto per guidare il dipartimento di arte moderna e contemporanea del Metropolitan Museum of Art. Breslin, che è attualmente curatore del Whitney Museum, inizierà al Met in autunno. Ricopre un posto lasciato vacante da Sheena Wagstaff, che ha annunciato l’intenzione di lasciare il museo all’inizio di quest’anno dopo quasi un decennio. [Redazione]
Il 21 settembre si tiene il convegno conclusivo del primo anno del progetto Genesi (un’iniziativa articolata e cross-disciplinare, dall’approccio integrato, orizzontale e inclusivo che coniuga attività espositiva ed educativa con l’obiettivo di fornire un’educazione permanente in tema di diritti umani), in cui si presenta un bilancio di quanto finora realizzato, anticipando le prospettive future e indagando le possibilità dell’arte, in generale della cultura, di svolgere un ruolo attivo nell’educazione ai diritti umani. Focus dell’incontro è il dialogo fra i rappresentanti di alcuni tra i principali enti, associazioni, fondazioni italiane e internazionali attive in questo ambito. [Redazione]
È iniziato il 20 e si protrae fino al 24 settembre a Piacenza il convegno internazionale di studi «La cattedrale di Piacenza e la civiltà medievale», a cura di Arturo Carlo Quintavalle. A puro titolo di esempio, il 20 Bruno Klein della Technische Universität di Dresda ha indagato il contesto sociale e artistico della nuova costruzione della cattedrale di Piacenza nel XII secolo, mentre gli architetti Manuel Ferrari e Barbara Zilocchi hanno parlato de «I restauri del Duomo di Piacenza». Il 21 Tiziano Fermi, dell’Archivio Capitolare della Cattedrale, approfondisce la «Storia del complesso episcopale piacentino tra IX e XII secolo attraverso le fonti dell’Archivio della Cattedrale (e di altri archivi)»; Claro Di Fabio dell’Università di Genova, discute de «La Cattedrale di Genova nel XII secolo. L’ Italia, il Tirreno e il Vicino Oriente». Fabio Coden, dell’Università di Verona, tratta di «Nicholaus e i cantieri veronesi: qualche osservazione sul rapporto fra struttura architettonica e apparati decorativi», mentre Lucinia Speciale, dell’Università del Salento, affronta il tema de «Il gioco e la misura del tempo. Il mosaico pavimentale del presbiterio di San Savino a Piacenza». Il 22 settembre Carlo Tosco, del Politecnico di Torino, mette in relazione «L’architettura della cattedrale di Piacenza e la Sacra di San Michele»; Giorgio Milanesi, dell’Università di Parma, analizza invece «I profeti volanti della cattedrale di Piacenza», mentre Luigi Schiavi dell’Università di Pavia fa un excursus sulle «Tecniche costruttive e scultura architettonica alla metà del XII secolo tra Emilia e Lombardia meridionale: il rinnovamento cistercense». Il 23 Paola Galetti dell’Università di Bologna, inquadra «La Cattedrale di Piacenza nella città alto e pieno medievale», mentre Giuseppa Zanichelli dell’Università di Salerno si sofferma sui «Codici miniati a Piacenza nel XII secolo: maestri, modelli e sperimentazioni». Il 24 infine Jean-Pierre Caillet, professore emerito dell’Università di Parigi Nanterre, affronta il tema dei «Donatori laici nella cattedrale: oltre Piacenza, altri casi emblematici dalla tarda Antichità al Medioevo» e Julian Gardner dell’Università di Warwick propone l’argomento de «Il mecenatismo artistico di Gregorio X, papa piacentino». [Redazione]
Trentotto foto originali in bianco e nero che raccontano i preparativi a Roma per la visita di Hitler in Italia nel 1938, che comprendeva importanti siti di arte e archeologia, sono state restituite all’Archivio Storico di Luce dal Nucleo Tpc dei Carabinieri. Gli ufficiali hanno confiscato le immagini a un commerciante dilettante di reperti archeologici nel maggio 2020; nel luglio di quest’anno un tribunale dell’Aquila ha disposto che le immagini venissero restituite all’archivio, rendendole liberamente accessibili agli accademici e al pubblico. Le immagini sono state individuate dopo che il collezionista aquilano le ha proposte su Ebay, insieme ad altri 50 documenti d’archivio e frammenti archeologici romani ed etruschi. Studiando un numero di serie stampato sul retro dell’album, gli archivisti Luce e gli inquirenti hanno stabilito che le immagini provenivano dall’archivio Luce. I negativi non sono ancora stati individuati. [James Imam]
Mostre che aprono
È curata da Chiara Mannarino la mostra «Margherita Raso: Vizio di forma» (21 settembre-22 ottobre), presentata da Magazzino Italian Art all’Istituto Italiano di Cultura di New York in collaborazione con la Casa Italiana Zerilli-Marimò della New York University. Quasi interamente prodotti per la mostra, la prima dedicata in USA alla giovane artista, tre gruppi di opere indagano in materiali diversi i concetti di precarietà e degrado. Esaurendo diversi tipi di argilla presenti nel suo studio, l’artista ribadisce il doppio rimando ai concetti di lutto e conservazione tipico dell’urna. Le opere sono ospitate in una struttura metallica industriale allusiva ai processi di accumulo e stoccaggio che a fini espositivi e conservativi privano gli oggetti della propria funzione. Tema che ritorna anche nei due tessuti esposti in mostra realizzati meccanicamente su telaio Jacquard, proseguendo una pluriennale ricerca realizzata dall’artista presso la Fondazione Antonio Ratti di Como. Dai severi protocolli internazionali di conservazione del tessuto nasce infatti il titolo della mostra «Vizio di forma», espressione che indica la tendenza intrinseca a deteriorarsi o autodistruggersi di alcuni materiali e oggetti e ulteriore occasione, per Raso, di misurarsi con il prediletto «terrain vague» che si apre tra apparenza esteriore e realtà interna, controllo e imprevedibilità. [Elena Franzoia]
Venezia è protagonista della prima mostra del Grand Palais Immersif, nuovo spazio parigino dedicato alle mostre digitali che apre nei locali dell’Opéra Bastille. Un progetto nato, cavalcando l’esplosione della moda delle mostre virtuali, dalla collaborazione di due istituzioni pubbliche francesi, la Réunion des musées nationaux-Grand Palais e l’Opéra national de Paris. La mostra inaugurale, «Venise révélée», dal 21 settembre al 19 febbraio, è stata realizzata con l’ausilio scientifico della Fondazione Musei Civici di Venezia e curata da Gabriella Belli: «L’immersione incomparabile generata dalle immagini inedite della mostra ci permetterà di far sentire e comprendere come non mai la ricchezza e la complessità di questa città senza pari», ha detto per l’occasione la direttrice della Fondazione MuVe. La ricostruzione tridimensionale della città è stata realizzata dagli esperti di Iconem, start up francese che aveva già fatto volare i suoi droni su Pompei, Palmira e Aleppo. Immagini ad altissima definizione sono proiettate su pannelli monumentali. Con l’aiuto del 3D il visitatore assiste virtualmente alla nascita della Serenissima, esplora il Canal Grande e penetra all’interno dei monumenti più famosi. [Luana de Micco]
Fabienne Eggelhöfer e Myriam Dossegger sono le curatrici della prima grande retrospettiva che la Svizzera dedica, nel Zentrum Paul Klee di Berna, a Isamu Noguchi (23 settembre-8 gennaio). L’artista nippo-statunitense dall’approccio trasversale ai linguaggi artistici, all’insegna di una sperimentazione che dalle creazioni di scena per la danzatrice Martha Graham è giunta alla scultura, dalla progettazione dei giardini agli elementi di arredo, è indagato attraverso 10 sezioni. Dagli inizi nello studio parigino di Constantin Brancusi negli anni ’20 ai «Playscapes» della maturità, installazioni che prevedono la partecipazione attiva del fruitore, Noguchi ha esplorato figuratività e astrazione, giungendo a una sintesi in cui concezione occidentale della scultura e materiali industriali e contemporanei, il cui uso risente dell’influenza del suo più caro amico, l’architetto americano Richard Buckminster Fuller, si fonde con il raffinato minimalismo estetico e l’amore per i materiali naturali propri della tradizione giapponese. La sezione «Social Protest» evidenzia la componente etica e civile dell’arte di Noguchi, che si schierò contro il razzismo serpeggiante nella società statunitense e progettò spazi pubblici concettuali dedicati a temi sociali. In mostra anche i celebri Akari degli anni ’50, lampade in carta giapponese e bambù pensate come sculture di luce, divenute classici del design. [Elena Franzoia]