Forse è meglio lasciare tutto come sta

04_Francia_Restituzioni_©Musée_du_quai_Branly-Jacques Chirac_photo Roland Halbe
Francesco Paolo Campione |

Lugano (Svizzera). Per chi ha avuto occasione di visitare più volte, nel corso degli ultimi decenni, i depositi dei musei d’arte africani, verificandone di persona (nella quasi totalità dei casi) l’abbandono, il saccheggio sistematico e la progressiva spoliazione, la proposta di restituire ai Paesi d’origine una parte del patrimonio conservato nei musei etnologici europei potrebbe sembrare una semplice boutade. La battuta demagogica di qualche politico a corto di idee in una Francia infragilita da incertezze identitarie o in un Regno Unito a caccia di consensi postcoloniali al tempo della Brexit. La questione sembra essere invece diventata seria, per cui vale la pena fare almeno due semplici considerazioni.
La prima è che le opere d’arte, non soltanto quelle «etniche», sono innanzitutto indicatori culturali: concrezioni della memoria, comprese lungo una retta ideale che va dai valori remoti
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