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Fontana ambientalista

Per la prima volta insieme, in una mostra monumentale negli spazi di Pirelli HangarBicocca, nove «Ambienti», opere effimere ora filologicamente ricostruite: così lo «spettatore» diventava «visitatore», anzi abitatore dell’opera

Non deve stupire che Pirelli HangarBicocca, con la mostra dedicata agli «Ambienti» di Lucio Fontana, apra i suoi spazi all’arte storicizzata: «Gli “Ambienti” di Fontana, argomenta il direttore artistico e cocuratore Vicente Todolí, sono sorprendentemente contemporanei: sono, infatti, il primo tentativo di liberarsi di una forma d’arte statica, di offrire libertà allo spettatore. E anticipano le ricerche di artisti e movimenti della generazione successiva, dal Gruppo T a Yves Klein, al Gruppo Zero. Sono talmente profetici da aver sbalordito anche un artista come Carsten Höller quando, solo di recente, li ha conosciuti».

La mostra «Lucio Fontana. Ambienti/Environments», aperta dal 21 settembre al 25 febbraio 2018 presso Pirelli HangarBicocca (catalogo Mousse), curata da Marina Pugliese, Barbara Ferriani e Vicente Todolí con il contributo della Fondazione Lucio Fontana, ricostruisce, per la prima volta insieme, ben nove «Ambienti» (opere effimere, ma intitolate e firmate da Fontana, loro unico ideatore) e due «Ambientazioni» (lavori a lui commissionati da architetti), dall’«Ambiente a luce nera» del 1948-49 («Fontana avrebbe voluto ricostruirlo alla Biennale a Venezia, ma era un progetto troppo innovativo e fu bocciato», commenta la Pugliese) a quello presentato nel 1968 a documenta 4. Tutti sono ricostruiti sulla base di una ricerca sui progetti autografi dell’artista condotta negli archivi da Marina Pugliese per gli aspetti storico-artistici e da Barbara Ferriani per la storia espositiva e gli aspetti tecnici e metodologici legati alle ricostruzioni.  L’allestimento è opera di Todolí: «Per la natura stessa di queste opere, per la prima volta nelle Navate dell’Hangar non c’è dialogo tra le opere e lo spazio circostante, che si limita ad “accoglierle”. Nella Piazza iniziale e nel Cubo finale si trovano invece le due “Ambientazioni”: il neon “Concetto spaziale” realizzato per la Triennale di Milano del 1951 e il soffitto per “Italia ‘61” a Torino». 

Solo quattro «Ambienti» erano già stati ricostruiti in passato ma non era mai accaduto prima di vederne tanti insieme; cinque di essi, poi, sono stati ricostruiti per la prima volta grazie ai dati emersi durante le ricerche. Solo Pirelli HangarBicocca, con i suoi spazi, poteva accogliere un progetto tanto ambizioso e spettacolare (oltre che scientificamente ineccepibile). Aggiunge la Pugliese «La ricerca, iniziata con un dottorato di ricerca con il tutoraggio di Flavio Fergonzi e proseguita per la mostra, ha permesso di riprodurre ambienti mai ricostruiti in precedenza, e di realizzare un catalogo ricco di inediti e contributi innovativi».

Fra le altre novità della mostra, dice Barbara Ferriani, «per la prima volta l’“Ambiente a luce nera” è riproposto esattamente com’era nella sua prima presentazione, alla Galleria del Naviglio di Milano, dove occupava uno spazio lungo e stretto, con il soffitto bianco e voltato, mentre in seguito sarebbe stato ricostruito in spazi e con misure diverse. Quanto all’ambiente realizzato per la mostra “Lo spazio dell’immagine”, a Foligno nel 1967 (un cubo di sei metri di lato), è ora riproposto con le misure originali e non con quelle, ben più ridotte, delle successive ricostruzioni». Infine, puntualizza la Pugliese, «è la prima volta che una restauratrice, seppure di primo rango come Barbara Ferriani, cura una mostra. Il suo apporto è stato essenziale in un progetto come il nostro, che prevedeva la ricostruzione filologica di lavori perduti e credo che anche questa scelta possa essere presa a modello».

Ada Masoero, 18 settembre 2017 | © Riproduzione riservata

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Fontana ambientalista | Ada Masoero

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