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Fare spettacolo con le arti decorative

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Prosegue, nel Castello Sforzesco, il progetto pluriennale di riallestimento dei suoi molti musei, sostenuto da Fondazione Cariplo e diretto da Claudio Salsi, soprintendente di Castello, Musei archeologici e Musei storici. Ultimo a esserne interessato è il Museo delle Arti Decorative, riaperto il 13 aprile scorso dopo tre anni di studio (con molti ritrovamenti e scoperte) e uno di lavori, radicalmente riallestito secondo il progetto di Francesca Tasso, conservatore responsabile delle Raccolte artistiche, e Andrea Perin, architetto, con Giovanni Curatola per le arti islamiche.
 
Le raccolte milanesi di Arti decorative sono uniche in Italia e fra le più importanti in Europa per quantità, qualità e varietà degli oggetti che conservano (1.300 quelli esposti ora), dai rarissimi avori tardoantichi ai metalli, oreficerie, vetri, ceramiche, bronzetti e tessuti, dall’Alto Medioevo a oggi. L’operazione rappresentava un’autentica sfida, dovendo rendere appassionante la presentazione di oggetti che nel passato, destinati com’erano ai soli studiosi, erano fittamente allineati, suddivisi in base al materiale, nelle vetrine (queste, realizzate nel 1963 dallo Studio Bbpr, sono state restaurate e conservate, aggiornandone l’illuminazione e liberandole di alcuni ripiani). Il pubblico di oggi, ben più ampio di un tempo, chiede infatti un coinvolgimento emotivo, e i musei più aggiornati rispondono mostrando oggetti di grande forza estetica e raccontando «storie»: in questo caso, oltre a quella dell’arte, la storia dei commerci, delle eccellenze manifatturiere, dei mutamenti storici e sociali, delle trasformazioni del gusto.


Le prime due sale ospitano, ben contestualizzate, le ceramiche d’uso ritrovate negli scavi nei grandi cantieri milanesi dell’ultimo ’800, i vetri muranesi e gli oggetti metallici (tra i quali, ora valorizzato, un «compasso di Galileo», allegato a un suo trattato, di cui esistono tre-quattro esemplari nel mondo). Il salone delle maioliche e porcellane presenta una spettacolare parata di vetrine con i capi d’opera e cinque approfondimenti nei «box» laterali, mentre il suggestivo ballatoio è dedicato al focus sul Mediterraneo: qui, dove non vige la divisione fra oggetti europei ed extraeuropei bensì il dialogo tra le sponde del Mediterraneo, sfilano rari tessuti copti e bizantini, avori alessandrini, ceramiche mediorientali, ispaniche e siciliane, e preziosi tessuti medievali.


Si approda poi al Novecento, con i suoi maggiori artefici (Gio Ponti, Alfredo Ravasco, Arturo Martini, Pietro Melandri e altri), per penetrare infine nel Gabinetto del collezionista dove, su un regale color porpora, trovano posto gli avori tardoantichi e medievali, richiesti per le più importanti mostre internazionali, le oreficerie medievali e i bronzi rinascimentali e barocchi, esposti per la prima volta. Il percorso si chiude in alto, nella Sala Castellana, con i vetri contemporanei della collezione Bellini Pezzoli, in deposito, che presenta opere di Enrico Baj e Fulvio Bianconi, Mario Bellini e Dale Chihuly, Roberto Sambonet, Silvia Levenson e altri autori, alcuni molto giovani, che aprono questi musei al futuro.

Ada Masoero, 09 ottobre 2017 | © Riproduzione riservata

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