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Dal Rinascimento al selfie

Mariella Rossi

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Un inedito allestimento accoglie fino al 28 agosto i visitatori della mostra «Semplici volti? Ritratti del Rinascimento», curata da Claudia Mark nel Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum. Centotrenta ritratti, scelti per analizzare lo stile rinascimentale come fondamento dell’epoca moderna, sono disposti su piedestalli in ordine sparso, alla medesima altezza del volto del visitatore. 

Con questo stratagemma Juliette Israël, responsabile dell’allestimento, ha voluto innescare un dialogo alla pari tra lo spettatore e i personaggi dipinti, quasi come se s’incontrassero passeggiando per un’antica piazza, luogo d’incontro per antonomasia. Tra i centotrenta ritratti si contano cinquantadue dipinti, ventiquattro stampe, disegni, gioielli, monete e medaglie. 

Alcuni provengono dalla collezione del museo, altri dalle raccolte del Belvedere, dell’Albertina e del Kunsthistorisches Museum di Vienna, dal Courtauld Institute di Londra e dal Metropolitan Museum di New York, solo per citarne alcuni.  Tra gli artisti si segnala Jakob Seisenegger, che ritrasse gli Asburgo dal 1530, anno in cui fu nominato pittore di corte al servizio di Ferdinando I. Suo è anche il dittico dedicato a Hans e Anna Kleplat. Ma non fu lui l’unico a immortalare la potente famiglia degli Asburgo; tale privilegio toccò anche a Hans Maler, che ritrasse inoltre l’élite non nobile di Schwaz (poco a nord di Innsbruck), arricchitasi con il lavoro di estrazione mineraria. L’immagine dell’ecclesiastico di Bressanone, Gregor Angrer, opera di Marx Reichlich, l’autore più attivo nell’area nel Cinquecento, fa parte della collezione dei Musei Regionali del Tirolo ed è tra i ritratti più espressivi presenti in mostra. Vi è anche una sezione di dipinti non destinati alle pareti: dittici da aprire a libro o pannelli protetti da chiusura scorrevole realizzati in occasioni particolari, come matrimoni o funerali, per essere conservati nei cassetti. Una sala è dedicata a «L’uomo più immortalato del suo tempo»: Matthäus Schwarz, che tra il 1520 e il 1560 si è fatto ritrarre in 137 abiti diversi. All’apertura della mostra al piano terra non manca il riferimento al selfie e all’odierna sovraesposizione dell’immagine personale. 

Al piano superiore spiccano dipinti di Albrecht Dürer, Hans Burgkmair il Vecchio, Christoph Amberger, Jörg Breu, Hans Wertinger, Cranach il Vecchio e il Giovane, che invitano a riflettere sul rapporto tra realtà e rappresentazione, tra la percezione pubblica e quella individuale del nostro aspetto, tra verità e propaganda, documentando per certi aspetti l’evoluzione della società e di alcune sue dinamiche. «La mostra al Ferdinandeum riflette sugli aspetti culturali, sociali e storici dei primi ritratti moderni e dimostra che il Rinascimento è stato la base fondamentale per i secoli successivi», afferma il direttore dei Musei Regionali Tirolesi, Wolfgang Meighörner, autore della prefazione del catalogo con contributi di Sonja Fabian, Kirsten O. Frieling, Franz Gratl, Annette Kranz, Stefan Krause, Markus Rath, Annette Schommers e Christina Zenz.

Mariella Rossi, 14 luglio 2016 | © Riproduzione riservata

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