Image
Image

Dai danni di guerra ai siti Unesco. Il bello e il brutto della Sicilia

Giusi Diana

Leggi i suoi articoli

Il presidente dell’Associazione Amici dei Musei Siciliani, Bernardo Tortorici di Raffadali, fa il punto sullo stato generale della cultura sull’isola: bandi bloccati, iniziative private e mancanza di un’azione di governo

Presidente in carica dell’Associazione Amici dei Musei Siciliani ed ex presidente (fino allo scorso aprile) della sezione regionale dell’Associazione Dimore Storiche Italiane, Bernardo Tortorici di Raffadali ha fatto della promozione e valorizzazione dei beni culturali regionali la sua missione. Tante le iniziative messe in campo e quelle cui ha contribuito in questi anni, dalla rete dei Musei di charme alla rassegna annuale «Le vie dei Tesori», che ha consentito a Palermo l’apertura di luoghi di grande interesse di solito inaccessibili. 

Grazie al lavoro dell’Associazione Amici dei Musei Siciliani sono infatti stati resi fruibili tutto l’anno luoghi precedentemente abbandonati o chiusi, come l’oratorio di San Mercurio e quello di San Lorenzo (da cui nel 1969 fu trafugata la «Natività» di Caravaggio) e le chiese di San Cataldo, del SS. Salvatore, di Santa Maria della Catena e di Santa Maria del Piliere. Un’attività instancabile che mira a coinvolgere i «disoccupati intellettuali»: storici dell’arte, restauratori e architetti, giovani professionisti dei beni culturali usciti dalle Università siciliane, costretti a emigrare in cerca di lavoro mentre l’immenso patrimonio dell’isola langue nell’indifferenza della politica, chiuso, inaccessibile, affidato a figure generiche spesso prive di competenze specifiche e soprattutto non aggiornate rispetto all’impiego delle nuove tecnologie nel processo di valorizzazione dei beni culturali.

Per non parlare della comunicazione istituzionale: assolutamente episodica, non centralizzata, quasi mai affidata a professionisti. Basti pensare che gli ultimi bandi di concorso per l’accesso alle professioni dei beni culturali presso la Regione Sicilia (di cui 6 su 19 sono stati annullati) sono del 2000, 16 anni fa. Una situazione drammatica cui il mondo delle associazioni cerca di porre riparo per quel che può, essendo compito della politica dialogare con quello della formazione mettendo a regime un comparto che da solo potrebbe rappresentare il tanto invocato volano dell’economia dell’isola.

Eppure i numeri danno ragione a chi si spende per mettere in moto autonomamente la macchina della promozione. Il già citato «Le vie dei Tesori» è un caso emblematico. Si tratta di un Festival organizzato annualmente da un’associazione che riunisce giornalisti, operatori culturali e docenti universitari. Nell’edizione scorsa (nei 5 fine settimana di ottobre) 140mila persone hanno visitato i 63 luoghi degli itinerari proposti. 

A parlarci di tutto questo e di molto altro è Bernardo Tortorici di Raffadali.

Com’è nata l’Associazione Amici dei musei siciliani da lei presieduta?

Uscivo per limiti d’età dall’essere presidente della sezione giovanile dell’Associazione Dimore Storiche, avevo molta voglia di fare ma nessuno strumento associativo, così sull’esempio di associazioni simili in altri luoghi d’Italia fondai con alcuni amici l’Associazione Amici dei Musei Siciliani. La finalità era quasi presuntuosa, troppo impegnativo il compito su un territorio vastissimo come quello siciliano, anche se in realtà molte delle nostre attività si sono concentrate su Palermo e provincia. Da lì siamo partiti con una serie di progetti, tra cui nel 2003 una delle prime reti museali cittadine, i Musei di Charme, nove piccoli musei uniti attraverso un biglietto unico. Oggi non esiste più.

Quella delle reti museali e del biglietto unico è una questione centrale. Perché in Sicilia è così difficile mettere in rete i musei, soprattutto quelli pubblici?

Perché le realtà che li gestiscono sono le più diverse, ci sono musei regionali, provinciali e comunali ed è difficile far dialogare queste istituzioni. È assurdo che non esista un biglietto unico, come avviene in tutta Europa, almeno nelle grandi città. In molti ci hanno provato, ma mai nessuno c’è riuscito. C’è una rete che è quella del Circuito del Sacro su iniziativa del Museo Diocesano, riguarda le chiese, gli oratori, Palazzo Villafranca e Palazzo Arcivescovile, funziona abbastanza bene anche se è poco conosciuta. L’altro problema è quello dell’accoglienza, spesso ad accogliere i visitatori è un personale inadeguato al ruolo, persino nei monumenti più importanti. Le gare per l’affidamento dei servizi aggiuntivi nei siti regionali risalgono a cinque anni fa, ma non sono mai state aggiudicate, sono rimaste bloccate nei vari assessorati, mentre servirebbero per migliorare l’offerta al visitatore e per creare nuovi posti di lavoro (le gare erano state aggiudicate nel 2012, ma il governo Crocetta ha bloccato tutto alla fine del 2013 Ndr). Abbiamo un patrimonio di una qualità assoluta e lo vendiamo in maniera infima.

Lei ha firmato la lettera indirizzata al ministro Franceschini insieme a esponenti siciliani del mondo della cultura capitanati dallo scrittore Andrea Camilleri e dal giornalista Pietrangelo Buttafuoco? È uno strumento per denunciare il grave stato in cui versano i beni culturali siciliani, dopo l’ennesimo rischio di chiusura a Pasqua dei siti regionali?

No. Togliere i beni culturali alla Regione Sicilia e affidarli al Ministero non mi pare la soluzione. Vedo siti italiani altrettanto abbandonati, solo da pochissimo la Reggia di Caserta si è risvegliata grazie all’arrivo del nuovo direttore, ma è stata a lungo gestita in maniera vergognosa e così Pompei. La gestione statale non è la soluzione, ma è arrivata l’ora che alle parole della politica regionale seguano i fatti e si passi a una vera azione di governo per la valorizzazione dei beni culturali siciliani. Anche perché solo investendo nel recupero dei tanti palazzi storici e monumenti abbandonati con l’ordinaria e straordinaria manutenzione si metterebbe in moto l’economia, creando posti di lavoro. Sarebbe una speranza anche per i giovani qualificati, per i tanti storici dell’arte che hanno studiato per la tutela e valorizzazione di questo patrimonio, noi li coinvolgiamo spesso nelle nostre attività ma siamo preoccupati perché, al di fuori di questo, non vediamo per loro una chance.

Con l’Associazione Amici dei Musei avete aperto al pubblico chiese e oratori tra cui quelli di San Mercurio e di San Lorenzo. Come investite i fondi ricavati dalla vendita del biglietto?

Li investiamo nella manutenzione ordinaria e talvolta straordinaria degli stessi oratori e non ricorriamo mai a finanziamenti pubblici, ciò ci rende liberi dai condizionamenti della politica. Da un anno nell’oratorio di San Mercurio si tiene «Sacrosantum», una rassegna d’arte contemporanea curata dall’artista Adalberto Abbate e da Maria Luisa Montaperto, destinata a raccoglie fondi per il restauro degli oratori. È un modo per attualizzare i luoghi storici attraverso l’arte. Molti artisti italiani e internazionali hanno aderito al progetto, donando una propria opera da esporre nella mostra. Ai visitatori si chiede un’offerta (che parte da 1 euro) da devolvere al restauro, mentre l’ingresso è di 3 euro. In questo modo sono stati coperti i lavori di pulitura e di consolidamento degli stucchi del Serpotta. 

Ci parli della rassegna «Le vie dei Tesori» promossa dall’omonima associazione presieduta da Laura Anello.

Si tratta di un’operazione di valorizzazione del territorio che coinvolge tutta la città e avviene ogni anno durante tutti i weekend di ottobre. Abbiamo aperto più di 60 siti tra cui camere dello scirocco, cripte e cappelle spesso in palazzi e abitazioni private, come la visitatissima «camera delle meraviglie» di via Porta di Castro. L’ultima edizione del Festival curato da Laura Anello ha registrato 140mila visitatori, erano in programma centotrenta passeggiate urbane con visite guidate curate da noi. Anche questa iniziativa è completamente autofinanziata attraverso la vendita dei carnet.

Un’altra iniziativa che fa capo all’Associazione e di cui si è molto discusso è il rifacimento del Caravaggio rubato nell’Oratorio di San Lorenzo.

Si tratta di un’operazione a costo zero per l’Associazione (interamente finanziata da Sky) che ha riconfigurato l’iconografia dello spazio e ridato dignità all’oratorio. È stato un risarcimento etico ed estetico a un luogo violato. La presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’inaugurazione è stata emblematica in questo senso.

Dopo 20 anni di presidenza dell’Associazione Dimore Storiche siciliane, le è succeduto ad aprile Gioacchino Lanza Tomasi. C’è qualcosa che le sarebbe piaciuto portare a termine ma che non è riuscito a fare?

Sono riuscito a fare uscire dai confini e dalle mura questi luoghi straordinari che sembravano irraggiungibili, sono stati aperti palazzi, ville e monumenti in mille occasioni (concerti, mostre ecc) o come sedi di rappresentanza. Ci sono ancora due cose strategicamente importanti da definire: la prima è una misura dei finanziamenti europei che permetta il restauro del patrimonio privato, la seconda riguarda la constatazione che Palermo ha ancora le vergognose rovine causate dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, soprattutto sugli assi più importanti diventati di recente patrimonio Unesco. Con il risanamento del centro storico si è riuscito a ricostruire il 70%, degli edifici, ma non si è riusciti a intervenire su Palazzo Valdina, Palazzo Geraci, accanto a Palazzo Riso, e Palazzo Ugo, amputato di un terzo. È veramente difficile spiegarlo ai visitatori stranieri che guardano attoniti i ruderi in pieno centro. Fino a oggi nessuna soluzione è stata trovata. Vorrei che si comprendesse che in questo caso il privato è una vittima del bombardamento, non è certo il colpevole dello stato di abbandono. Se si riuscisse a fare passare questo principio probabilmente si potrebbero trovare delle soluzioni nell’ambito delle riqualificazioni urbane, in modo da chiudere definitivamente questa cosa indecente. Qui è così, ti capita di vedere insieme il massimo del bello e il massimo del brutto.

Giusi Diana, 01 giugno 2016 | © Riproduzione riservata

Articoli precedenti

La statua suggerisce le dimensioni ciclopiche del più grande tempio incompiuto della Sicilia di cui rimane solo un ammasso di blocchi calcarei

Sotto le mostre, sopra «un giardino che vola»: su iniziativa della Fondazione Sicilia, un nuovo edificio alle spalle di Palazzo Branciforte intende riqualificare un angolo degradato

Nella Pinacoteca di Villa Zito una mostra in occasione dei 400 anni dal ritrovamento delle spoglie della patrona di Palermo

Un’antologica diffusa in quattro sedi siciliane celebra, nel centenario della nascita, uno dei maestri dell’astrazione pittorica italiana

Dai danni di guerra ai siti Unesco. Il bello e il brutto della Sicilia | Giusi Diana

Dai danni di guerra ai siti Unesco. Il bello e il brutto della Sicilia | Giusi Diana