Carlo III e il tabot etiope di Westminster

Il nuovo Regno d’Inghilterra potrebbe prendere il via anche con una disputa con l’Etiopia. George Carey, ex arcivescovo di Canterbury, ha dichiarato di essere «stupito e rattristato» dal fatto che Westminster Abbey si rifiuti di restituire un «tabot» sacro

Un sacerdote ortodosso porta un tabot coperto, durante una cerimonia a Gondar in Etiopia. Foto Jialiang Gao
Martin Bailey |

Il Regno di Carlo III potrebbe prendere il via anche con una disputa con l’Etiopia. George Carey, ex arcivescovo di Canterbury, ci ha dichiarato di essere «stupito e rattristato» dal fatto che Westminster Abbey si rifiuti di restituire un «tabot» sacro all’Etiopia. Per la Chiesa ortodossa etiope, un tabot è una tavoletta che rappresenta simbolicamente l’Arca dell’Alleanza.

L’abbazia londinese di Westminster (che ha ospitato i funerali della regina Elisabetta II e ospiterà la futura cerimonia di incoronazione di re Carlo III), in quanto «Royal Peculiar», ricade direttamente sotto la giurisdizione del monarca. Ciò significa che la restituzione del tabot potrebbe richiedere l’approvazione di Carlo III, re e guida suprema della Chiesa d’Inghilterra.

Già nel luglio 2018 «The Art Newspaper» aveva rivelato che il Governo etiope chiedeva la restituzione del tabot. Anche se dovrà ora occuparsi di una miriade di questioni, è nota la simpatia di Carlo III nei confronti delle Chiese orientali. A più di 150 anni dalla sua acquisizione, un appello al nuovo re per la restituzione potrebbe finalmente avere successo.

Il tabot dell’Abbazia di Westminster fu saccheggiato durante la battaglia di Maqdala (Magdala) nel 1868, quando le truppe britanniche attaccarono le forze dell’imperatore Teodoro. Il tabot fu acquistato dal capitano George Arbuthnot della Royal Artillery, per poi essere donato all’abbazia. Due anni dopo fu commissionato un nuovo altare per la cappella di Enrico VII, e il decano inserì il tabot nella parte posteriore dell’altare, dove rimase visibile con altri due oggetti sacri, frammenti provenienti dall’altare maggiore della Cattedrale di Canterbury e dalla principale chiesa greco-ortodossa di Damasco.

La Chiesa etiope crede fermamente che i tabot non debbano essere osservati, se non dai sacerdoti, e per questo nel 2010 l’Abbazia vi ha aggiunto una copertura. Lo scorso mese un portavoce di Westminster Abbey ha dichiarato che «al momento non ci sono piani per la restituzione, ma il futuro del tabot è tenuto sotto controllo». Carey, arcivescovo dal 1991 al 2002, poco prima della morte della Regina ci ha detto di essere turbato dal fatto che la Chiesa d’Inghilterra «non ha restituito un oggetto sacro appartenente a un’altra fede e a un altro Paese».

Il British Museum possiede 11 tabot, la più grande collezione del Regno Unito, conservati in un deposito sotterraneo interdetto anche al personale del museo. Il mese scorso il gruppo di pressione Returning Heritage ha chiesto al museo di restituire i suoi tabot. Potrebbe farlo, sostiene il gruppo, in virtù di un’esenzione che gli consente di disfarsi legalmente di oggetti «inadatti a essere conservati»: poiché i tabot non possono essere visti, dovrebbero essere restituiti all’Etiopia.

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