Benedetto il monumento d’Amore

I retroscena regali del viaggio di Vittorio Emanuele a Matera per l’inaugurazione

Il Monumento di Benedetto D'Amore a Matera
Marco Riccòmini |

«Ah, l’amore...» sospirò, volgendo lo sguardo al cielo (che, in quel momento, era d’un azzurro turchino, senza l’ombra di una nube). «Non parlatemi d’amore, ve ne prego...», proseguì, portandosi una mano a coprire gli occhi, con il gesto che aveva visto fare alla Duse in «Sogno di un mattino di primavera», anni prima al Teatro Valle di Roma.

«Io le so, io le so le parole che rivelano la vita a chi langue e a chi muore. Tutto il mondo vaniva come una nuvola in un silenzio delle sue labbra e rinasceva per una parola trasfigurato in un miracolo di gioia...», recitò a memoria con voce impostata, dando le spalle al consorte. «Per la verità, mi riferivo a quel monumento che vado a inaugurare a Matera», le rispose balbettando Vittorio Emanuele, prima di girare sui tacchi e fare un marziale dietrofront.

Erano mesi (e forse anni) che la contessa di Pollenzo si comportava in modo strano, forse per l’infatuazione per quel poeta abruzzese (che manco era più alto di lui). Ma a lui toccava per davvero andare a Matera per inaugurare l’ennesimo monumento ai caduti, e l’amore cui aveva accennato alla moglie non era quello con la «A» maiuscola o, meglio, era quello con la «A» maiuscola, ma preceduta da una «D» («d’appartenenza?», si chiese il re, tra sé e sé: sarà mica che viene da «Amore», pensò, come se esistesse un luogo con quel nome così «seducente» e in provincia di cosa, poi: di «Cuore»?).

E però il nome del suo autore non lasciava dubbi, inciso com’era nel bronzo, bello in grande che non ci si poteva sbagliare: «Benedetto D’Amore, Roma», ovvero un siciliano (Palermo, 1882-Perugia, 1960) ch’era andato a cercare fortuna nella capitale, lo avevano informato. Che poi, qualcuno gli doveva anche spiegare perché quei caduti della Grande Guerra eran sempre ritratti nudi e armati di gladio (anziché del Moschetto 91), come fossero atleti peloponnesiaci periti a Maratona, anziché pastori lucani morti magari sul Piave.

Tuttavia, nonostante i dubbi, sulla strada del ritorno commentò con il suo attendente: «Mica male questo Amore». Non si sa se quello capì oppure pensò, magari, che quella notte a Matera gli fosse sfuggito qualcosa...

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