Beirut città aperta

Al MaXXI memoria e rinascita di una capitale della cultura

Marwan Rechmaoui,  Beirut Caoutchouc, 2004-2008 Engraved Rubber. Courtesy The artist and Sfeir-Semler Gallery, Beirut
Federico Castelli Gattinara |  | Roma

L’Iran contemporaneo a fine 2014, Istanbul esattamente un anno dopo, oggi Beirut che dal 15 novembre al 20 maggio chiude una «trilogia Mediterraneo e Medio Oriente» proposta dal MaXXI e fortemente voluta dal suo direttore artistico Hou Hanru, che cura la mostra insieme a Giulia Ferracci. Sono approfondimenti su aree estremamente vivaci, perché la storia passata e recente vi è passata come un rullo compressore.

Dopo quindici anni di guerra civile in Libano, terminata nel 1990, Beirut ne usciva quasi completamente distrutta. Città cosmopolita da sempre, ricca di archeologia e di storia, durante la ricostruzione avviata negli anni Novanta ha visto prevalere logiche soprattutto economiche in un’ottica di riconquista della sua perduta (e ritrovata) centralità finanziaria, bancaria e commerciale in Medio Oriente, con buona pace per la sua identità culturale e per le testimonianze storico-architettoniche
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© Riproduzione riservata Akram Zaatari,  Beirut Exploded Views, Still da video, 2014. Courtesy The artist and Sfeir-Semler Gallery, Beirut Mona Hatoum, Measures of Distance, 1988 Colour video with sound 15 min 35 s. A Western Front video production, Vancouver, 1988 © Mona Hatoum. Courtesy of the artist Jalal Toufic,  ‘Āshūrā’: This Blood Spilled in My Veins, © 2005 Courtesy the artist
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