Il Museo Lechi ritorna su Luigi Basiletti, protagonista lo scorso anno di una mostra dedicata ai soli ritratti, e affronta quest’anno, fino al 2 luglio, il suo volto di paesista nella rassegna «Luigi Basiletti (1780-1859). Paesaggi e vedute nell’Italia del Grand Tour», curata dal direttore Paolo Boifava e da Maurizio Mondini.


Pittore colto, di famiglia benestante, che, fra i pochissimi a Brescia, compì un viaggio di formazione di ben sei anni, viaggiando tra il 1803 e il 1809 da Firenze a Roma (dove fu accolto nell’Accademia di San Luca) a Napoli, Basiletti si guadagnò l’amicizia di Canova e di Thorvaldsen e la stima del vorace collezionista bresciano Paolo Tosio, di cui divenne l’ascoltato consigliere (oltre che il decoratore del palazzo di famiglia).


Al ritorno a Brescia, conteso dai circoli colti e dall’aristocrazia, mentre promuoveva gli scavi del Capitolium e la nascita del primo museo cittadino, Basiletti rievocava sui taccuini e nei dipinti i luoghi visitati, da quelli ineludibili del «primo» Grand Tour a quelli appena «lanciati» (le cascate di Tivoli e di Terni, i dintorni di Roma, i laghi laziali, la costa campana) ma dipingeva anche luoghi a lui vicini, tra i laghi di Garda e d’Iseo e la Franciacorta.


Fra gli inediti in mostra, oltre al dipinto nel quale si autoritrae sullo sfondo di Tivoli, figura una bellissima veduta di «Brescia dai Ronchi di San Rocchino». Cinque opere provengono dai Civici Musei di Brescia, altre da antiche collezioni locali, custodi di autentiche gemme della sua pittura, come «Le cascate delle Marmore» e la «Veduta della Franciacorta da Villa Ducco», suo capolavoro.