Blockchain: nuova età dell’oro o aria fritta?

Il sogno è quello di portare la tracciabilità di ogni opera d’arte a un database unico e comune

Kevin Abosch e Ai Weiwei hanno collaborato per opere realizzate sotto forma di indirizzi blockchain. Courtesy of the artists
Georgina Adam |  | Londra

Una bolla o una corsa all’oro? Esuberanza irrazionale o il Santo Graal? Sono le definizioni più estreme della blockchain, che l’anno scorso è passata dalla condizione di arcano termine tecnologico al linguaggio comune. Viene sempre più pubblicizzata come una rivoluzione digitale da numerose startup tecnologiche in settori che spaziano dall’immobiliare alla musica, dai diamanti alle assicurazioni, fino all’archeologia marina e anche all’arte. La rivista «Wired» ha recentemente pubblicato un articolo intitolato «187 cose che la blockchain dovrebbe risolvere», tra cui si citano il cancro, i cambiamenti climatici, la cura degli anziani e l’automazione.

In luglio Christie’s ha avviato una collaborazione con Vastari, azienda online di servizi per i prestiti alle mostre e per le mostre itineranti, allo scopo di organizzare un summit su arte e tecnologia a Londra. Intitolato «Exploring
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