Palazzo Citterio non è come lo volevo

Restaurato dalla Soprintendenza, l’edificio è stato consegnato «senza aver mai potuto verificare alcunché», lamenta il direttore James Bradburne

Il progetto della sala per l'arte moderna a Palazzo Citterio
Ada Masoero |  | Milano

La forma del discorso con cui James Bradburne, direttore generale di Brera dal 2015 (il suo mandato scade nel 2020: sarà rinnovato? Ndr), ha annunciato «Il ritorno del ’900 a Brera» era improntata al più assoluto fair play. La sostanza, però, era a dir poco incandescente. Si trattava, infatti, di annunciare le ragioni per cui Palazzo Citterio non si sarebbe aperto (com’era ormai chiaro) prima della tarda primavera del 2020, al contrario di quanto da lui «promesso» a 100 giorni dalla nomina, quando annunciava il riallestimento delle 38 sale della Pinacoteca (tutte riallestite, cui si è aggiunto il Caffè Fernanda, in omaggio alla soprintendente Fernanda Wittgens) e l’attesa (da oltre 40 anni) apertura di Palazzo Citterio prevista allora nel 2018, ma poi sempre posticipata a causa dei ritardi nella consegna del palazzo da parte della Soprintendenza milanese, che l’ha restaurato.

In conseguenza,
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