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Arte nella valigia diplomatica

Il direttore generale della Cultura tedesco spiega perché la collezione di arte contemporanea di Teheran esposta a Berlino è importante per la politica estera della Germania. La mostra in primavera andrà a Roma

Andreas Goergen

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È in viaggio la collezione di arte moderna fondata in Iran prima della rivoluzione del 1979 grazie all’ultima imperatrice Farah Diba, vedova dello scià Mohammad Reza Pahlavi. La collezione, ospitata nel Museo delle arti contemporanee di Teheran, comprende quadri di Picasso, Rothko, Kandinskij, Pollock, Warhol e Bacon oltre a opere di molti artisti iraniani. Sarà esposta alla Gemäldegalerie di Berlino da dicembre (annunciata per il l’inizio del mese, è in stand by a causa delle dimissioni del ministro della Cultura iraniano) prima di arrivare al MaXXI di Roma (31 marzo-27 agosto 2017).

Il Museo delle arti contemporanee di Teheran, la Stiftung Preussischer Kulturbesitz (Fondazione prussiana per il patrimonio culturale) di Berlino e il MaXXI di Roma hanno in programma una mostra di arte contemporanea occidentale e iraniana che apre a Berlino a dicembre e sarà a Roma nella primavera del 2017. Per la prima volta la collezione di Teheran sarà esposta fuori dai confini iraniani. Con le sue importanti opere, creerà senza dubbio la consapevolezza, sia in Europa che in Iran, della storia che questi capolavori condividono. Il soprintendente per la Cultura del Governo tedesco Monika Gruetters, ha accolto il progetto come un «segnale di forte politica culturale» e il Ministro tedesco degli Affari esteri (Frank-Walter Steinmeier, Ndr), è impegnato nel sostegno concreto a questa che vede come una grande opportunità politica. Crediamo che l’arte debba essere protetta, uno spazio aperto e libero dove esprimere diversi punti di vista per controbilanciare le semplificazioni delle ideologie e poter dialogare con tutti i diversi partner, anche quelli che non condividono i nostri valori e la nostra visione del mondo. 

Patrimonio comune Il principio base su cui vogliamo costruire le nostre politiche culturali è quello che passa dalla comprensione reciproca. Il ruolo internazionale della Germania è cresciuto molto nel tempo, e di pari passo devono procedere l’evoluzione e la definizione delle nostre strategie in ambito culturale. Il Ministero degli Affari esteri tedesco, insieme al Parlamento, sta rispondendo alla sfida con nuovi finanziamenti, partnership culturali e una rafforzata cooperazione globale. Naturalmente l’impegno culturale da solo non basta a garantire rapporti pacifici e un clima sereno fra gli Stati. Eppure, in un mondo dominato dai conflitti e in cerca di un nuovo ordine, questo genere di iniziative è indispensabile, perché fornisce reali opportunità per una miglior comprensione tra i popoli.  

I musei sono all’anvaguardia in questo tipo di azione, sono i diplomatici del XXI secolo, in particolare perché le mostre hanno iniziato a rivestire un compito ben più grande della sola esposizione di opere d’arte. Possono essere usate come una piattaforma per il dialogo e lo scambio, specialmente nei casi in cui nascono da rapporti con partner «difficili». Quando si parla dell’Iran, alcuni potrebbero chiedersi se è il momento giusto per iniziare questo tipo di cooperazione, e molti potrebbero anche schierarsi contro questo progetto. È un’opinione importante per noi; sappiamo bene, infatti, che il progetto potrebbe sollevare molte critiche, ma proprio per questo il tentativo di dialogo è ancora più importante. Molti dei quadri in prestito da Teheran fanno parte del patrimonio culturale europeo, così come di quello iraniano. Esponendoli a Berlino e Roma, mandiamo un messaggio di condivisione all’Iran e sosteniamo il tentativo di trovare un terreno comune sui cui lavorare.

Più in generale, crediamo sia importante per i diversi Paesi interagire non soltanto a livello politico e commerciale, ma anche creare e poi sostenere e proteggere spazi aperti per la cultura, che coinvolgano la società civile. Insieme ai nostri partner in Germania, come il Goethe Institut e l’Ente per gli scambi accademici e, negli Stati Uniti, tra cui la Smithsonian Institution, lavoriamo per avvicinare le società attraverso azioni culturali ed educative. Vogliamo proteggere questi spazi dall’ambito della politica, per dare modo alle persone di capire gli schemi mentali e i modelli di percezione prevalenti all’interno di ogni società. Per questo promuoviamo progetti con partnership in Europa dell'Est, in Paesi come l’Ucraina, e ci impegniamo in campo culturale e linguistico in Arabia Saudita o con Cuba.

Aree di crisi La cultura e la didattica hanno un ruolo cruciale, così come il coinvolgimento della la società civile, in molti Paesi, specie nelle aree di crisi. Un esempio dei nostri sforzi è il programma Leadership for Syria, che fornisce formazione didattica ai rifugiati siriani in Germania. Un’altra iniziativa in questo senso è stata quella partita nel 2015 in cui 20 organizzazioni, tra cui l’Università tedesco-giordana, l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i rifugiati della Nazioni Unite e l’Istituto archeologico tedesco, hanno unito le forze sul progetto «Stunde Null» (nuovo inizio), che si sta preparando per la ricostruzione in Siria, una volta ristabilita la sicurezza nel Paese. Anche se questo al momento sembra un obiettivo lontano, è importante lavorarci, accogliendo accademici e studenti il cui lavoro in Siria è stato interrotto dalla guerra, o lavorando attraverso il Goethe Institut di Damasco in esilio a Berlino. I rapporti culturali e la politica educativa sono parte indispensabile della politica estera, soprattutto in momenti difficili e con partner particolari.
 

Andreas Goergen, 09 dicembre 2016 | © Riproduzione riservata

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