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Antinovecentisti di Iannaccone

Per la prima esposizione pubblica della sua collezione, Giuseppe Iannaccone ha scelto le opere degli anni tra il 1920 e il 1945, quelle con cui la sua avventura collezionistica è iniziata nel 1992, per non fermarsi più, e ampliarsi anzi fino alla migliore contemporaneità internazionale (www.collezionegiuseppeiannaccone.it).

Le opere esposte alla Triennale nella mostra «Italia 1920-1945. Una nuova figurazione e il racconto del sé», a cura di Alberto Salvadori e Rischa Paterlini sino al 19 marzo (catalogo Skira), raccontano la storia di un’arte italiana «contro». Di quegli anni in cui il regime promuoveva un’aulica classicità, funzionale ai propri obiettivi, Iannaccone, avvocato a Milano, ha scelto solo artisti «dissidenti», che scavavano nella vita vera, affidandosi a linguaggi di segno espressionista. Non a caso la mostra si apre con «L’attesa», 1920, di Ottone Rosai, uomo tormentato e artista ostico, lontanissimo dai canoni dell’arte ufficiale.

Guidato in primo luogo dal suo gusto e dalle sue passioni (ma anche dalla frequentazione con studiosi) il collezionista ha creato una raccolta rappresentativa, a un livello sempre molto elevato, dell’intera area «antinovecentista»: scorrono così in mostra splendide opere dei protagonisti della romana Scuola di via Cavour (Mario Mafai, Antonietta Raphaël e il grande, raro Scipione) e quelle degli esponenti del tonalismo romano, loro compagni di strada, da Fausto Pirandello a Renato Guttuso e Alberto Ziveri.

Dopo il sognante Tullio Garbari entrano in scena i Sei di Torino (Boswell, Chessa, Galante, Levi, Menzio e Paulucci) che, riuniti intorno a Felice Casorati, guardavano alla Francia, poi i Chiaristi lombardi (Del Bon, De Rocchi, Lilloni). Con Renato Birolli, cui è dedicata una sala, sono documentati gli altri artisti del gruppo milanese di Corrente (Treccani, Sassu, Manzù, Migneco, Guttuso, Cassinari, Morlotti). Anche Filippo de Pisis è oggetto di uno sguardo più ravvicinato, mentre il congedo è affidato a Emilio Vedova e al suo spigoloso «Caffeuccio veneziano», esposto all’ultimo Premio Bergamo.

Ada Masoero, 08 febbraio 2017 | © Riproduzione riservata

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Antinovecentisti di Iannaccone | Ada Masoero

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