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A spasso tra i cantieri

In restauro Santa Maria dei Miracoli presso San Celso, Santa Maria presso San Satiro, San Lorenzo Maggiore, gli affreschi sbriciolati di San Pietro all’Olmo di Cornareda, Casa Formentini e gli ex Caselli Daziari

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Sono numerosi i restauri giunti a termine o prossimi alla conclusione in una Milano che, dopo Expo, ha acquisito lo status di città d’arte. Si è concluso l’intervento su affreschi e stucchi di Santa Maria dei Miracoli presso San Celso avviato nel 2008 e realizzato da Paola Zanolini e Ida Ravenna grazie a Fondazione Cariplo, Fondazione Banca del Monte di Lombardia, Ubi Banca, Comune di Milano e Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici di Milano. Fu il duca di Milano Filippo Maria Visconti a promuovere nel 1430 la costruzione della chiesa per proteggere la nicchia che ospitava l’immagine della Madonna voluta da sant’Ambrogio. Ma poiché l’immagine miracolosa richiamava folle di fedeli, nel 1493 si dovette avviare, su progetto di Gian Giacomo Dolcebuono, la costruzione di un nuovo, grande santuario, in seguito ancora ampliato e modificato.

All’interno, nelle navate laterali, ci s’imbatte in un’antologia della pittura lombarda del Cinque e Seicento (Giulio Cesare Procaccini, il Cerano, i Fiammenghini, i Campi, Callisto Piazza, Carlo Urbino e, scoperto di recente da Federico Giani, Moretto, cfr. n. 354, giu. ’15, p. 10), mentre la volta della navata centrale è ornata da stucchi di Cristoforo dei Lombardi. L’ultimo a intervenire, sulla cupola nel 1792-95, fu Andrea Appiani, che provvide anche a ridipingere in una cappella una voltina del Cerano già danneggiata.

Pesantemente ammalorato nel tempo, il manto pittorico e decorativo fu restaurato con mano molto greve a partire dal 1957 («più che un restauro, un pesantissimo rimaneggiamento, con estese ridipinture e ridoratura degli stucchi», spiega la Zanolini). In seguito si continuò a intervenire in modo saltuario, fino a che nel 2008 si è avviata l’attuale campagna di restauro che ha interessato l’interno nella sua totalità, applicando tra l’altro nei lacunari della volta 210 nuovi rosoni di poliuretano estruso tratti dal calco di un originale (per ragioni di sicurezza i rosoni originari, molto pesanti, furono rimossi negli anni Cinquanta e mai sostituiti). Nel frattempo è stato avviato il progetto (di Angela Baila) per il restauro della contigua basilica di San Celso eretta nel 996-997 dall’arcivescovo Landolfo. 

Felice anche l’intervento su Santa Maria presso San Satiro, uno dei gioielli della Milano rinascimentale grazie soprattutto al prodigio prospettico della finta abside di Donato Bramante. Una nuova illuminazione, realizzata con tecnologia led e resa possibile da Artemide spa e Fondazione Banca del Monte di Lombardia, consente una nuova e completa visibilità della chiesa, del Battistero (già sacrestia), anch’esso di Bramante, e del prezioso Sacello di San Satiro eretto nel IX secolo, con colonne di spoglio, dal vescovo Ansperto come cappella privata. Dal sacello è inoltre partito un intervento di radicale deumidificazione che proseguirà nelle altre aree del complesso. Il merito va a monsignor Gianni Zappa, parroco della basilica, che di concerto con l’Ufficio Beni culturali dell’Arcidiocesi di Milano ne ha avviato il recupero. Sempre a lui, che è parroco anche di San Giorgio a Palazzo e della basilica paleocristiana di San Lorenzo Maggiore, si deve l’ormai prossimo restauro di quest’ultima (al momento in cui scriviamo è attesa solo l’approvazione del progetto da parte della Soprintendenza). 

Nel mese di gennaio, grazie al progetto «Restituzioni 2016» di Intesa Sanpaolo (cfr n. 363, apr. ’16, p. 23) e allo stimolo di Carlo Bertelli, saranno ricollocati nella chiesa di San Pietro all’Olmo di Cornaredo (frazione di Milano a dieci chilometri) i frammenti d’intonaco dipinto anteriori al 1117 ritrovati sotto il pavimento nel 2004, durante lavori d’impiantistica, e ricomposti in oltre tre anni dalla restauratrice Stefania Tonni con la direzione di Emanuela Daffra. La primitiva chiesa, dalla storia antichissima rivelata dagli scavi della Soprintendenza e oggi in parte apprezzabile attraverso il pavimento vetrato, crollò per i terremoti del 1117. Nel riedificarla i frammenti d’intonaco dipinto furono sigillati sotto il nuovo pavimento.

Dalla parziale ricomposizione dei diecimila ritrovati è risultata una spartizione delle pareti in tre fasce separate da meandri, delle quali la centrale conteneva storie dei miracoli di Gesù ed episodi della vita di Pietro. Come scrive Carlo Bertelli, gli affreschi (realizzati a calce con una tecnica meno solida del vero affresco) «dimostrano un contatto con l’arte bizantina, del quale il ciclo di San Martino Aurogo in Val Chiavenna ci offre una fase ulteriore. Le scene si svolgevano entro “casamenti” aperti verso la navata con archi, secondo uno schema compositivo reso noto dai disegni di un rotulo in pergamena conservato nel Duomo di Vercelli». Benché assai lacunosi (molti frammenti si sono perduti; di altri, spesso minutissimi, non si è potuta ricavare la collocazione), la ricomposizione ha permesso di identificare, come spiega Stefania Tonni, «oltre a un tratto di ciò che si ritiene l’episodio della liberazione di Pietro da parte dell’angelo, i resti di due rappresentazioni dei miracoli di Gesù: il gruppo con l’emorroissa e Lazzaro resuscitato». 

Non solo edifici sacri in restauro in questi mesi a Milano: nel quartiere di Brera, Restauro Monumenti (direzione di Enrico Colosimo) sta lavorando sull’antica Casa Formentini. Oggetto dell’intervento sono le due facciate, una delle quali (la principale) è un bell’esempio di Settecento lombardo, mentre la seconda è il prospetto laterale di un palazzo ottocentesco accorpato al primo e a sua volta eretto su un edificio medievale. Restauri ottocenteschi vi avevano immesso materiali e colori incongrui ma con la pulitura sono ricomparsi colori, fregi e decori originali. 

Intanto, in piazza Sempione, procedono i lavori di recupero e rifunzionalizzazione degli ex Caselli Daziari del napoleonico Arco della Pace (di Luigi Canonica), avviati nel 2013 su progetto di L22 (Gruppo Lombardini22), la cui conclusione è prevista per la primavera. I due piccoli edifici (1.330 mq ca complessivamente), la cui concessione d’uso è stata aggiudicata dall’Agenzia del Demanio a Pessina Costruzioni in cambio del loro restauro e valorizzazione, saranno destinati uno alla divulgazione della cultura alimentare, l’altro alla cultura del territorio. Ormai completato il lavoro sugli esterni, è stato avviato il restauro degli interni, rispettoso dell’architettura originale.

Ada Masoero, 11 gennaio 2017 | © Riproduzione riservata

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