A chi giova il blocca mostre veneziano?

Il Comune di Venezia ha emesso un provvedimento che limita l'ospitalità all’interno di palazzi storici nel periodo della Biennale

Ca' Giustinian, sede della Biennale di Venezia
Enrico Tantucci |  | Venezia

Qualcuno lo ha già ribattezzato come l’editto blocca-mostre, che un grande sconcerto sta creando tra operatori e istituzioni anche in vista della ormai imminente Biennale Architettura. Il Comune di Venezia ha emesso infatti un provvedimento che limita lo svolgimento delle mostre temporanee ospitate all’interno di palazzi storici veneziani nel periodo della Biennale, da maggio a novembre.

Fino ad oggi il Comune consentiva lo svolgimento delle mostre temporanee, - che in molti casi sono anche i padiglioni esterni dei Paesi partecipanti alla Biennale che non hanno una sede fissa ai Giardini o all’Arsenale -  senza la necessità di chiedere il cambio di destinazione d’uso degli edifici per consentirle.

Ora, con la nuova disposizione, il Comune conferma che per gli immobili utilizzati ad attività di mostra a carattere temporaneo non è necessario il cambio di destinazione d’uso. Ma fissa un limite di durata massima: 180 giorni comprensivi dei tempi di allestimento e disallestimento delle mostre, previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione comunale, precisando che la durata oltre tale termine rende l’attività abusiva a far data dal 181° giorno. Inoltre, il Comune precisa che per la connotazione di occasionalità devono intercorrere almeno 12 mesi dalla data di rimozione degli allestimenti.

Non è possibile, in sostanza, più di una mostra di lunga durata all’anno in edifici che non sono nati come spazi espositivi, ma vengono utilizzati a questo scopo. Un provvedimento anche contraddittorio, visto che la Biennale dura sette mesi – da maggio a novembre – e chi organizza una mostra nel periodo dovrebbe fermarsi a sei. E che impedisce di sfruttare le stesse sedi sia per la Biennale Arte, sia per quella di Architettura, che si susseguono un anno dopo l’altro.

La stessa Città Metropolitana di Venezia, che ha appena lanciato un avviso per «affittare» il giardino storico di Ca’ Corner – sua sede - per padiglione esterni della Biennale Architettura , lo fa per otto mesi. Violando il limite fissato dalla stessa Amministrazione comunale. Si salvano solo i soggetti del terzo settore – fondazioni o associazioni non profit  - per cui il limite non vale.

E chi, naturalmente, deciderà di chiedere il cambio di destinazione d’uso del proprio palazzo, facendone in permanenza la sede di mostre. Ma qual è il senso di un provvedimento che finisce per deprimere un settore economico – quello legato al business delle mostre durante la Biennale – con un importante indotto sulla città, oltre ad aiutare anche i bilanci di istituzioni culturali che mettono a disposizione i propri spazi? Oltretutto in un periodo in cui – a causa del Covid – sono «fuggiti» anche i turisti?

C’è chi parla di un provvedimento affrettato, di cui non si sono evidentemente valutate le conseguenze pratiche. E chi pensa che possa essere un aiuto indiretto alla Biennale, che organizza le sue mostre collaterali, ma guarda con una punta di sospetto chi vuole sfruttare il suo effetto di trascinamento, allestendo altre mostre in città  nello stesso periodo. Comunque stiano le cose, la «frittata» è fatta, e presto se ne valuteranno le conseguenze.

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