S’inaugura il 24 febbraio, nel Sottoporticato di Palazzo Ducale, «André Kertész. Un grande maestro della fotografia del Novecento», mostra a cura di Denis Curti che fino al 16 giugno riunisce oltre 180 immagini del maestro ungherese (Budapest 1894-New York 1985), trasferitosi a Parigi nel 1925, dove fu amico dei massimi artisti del tempo.
Per Cartier-Bresson era il maestro della fotografia contemporanea («Qualsiasi cosa noi facciamo, Kertész l’ha fatto prima») eppure, trasferitosi nel 1936 a New York, Kertész non ottenne mai, se non alla fine della vita (e più ancora dopo la morte), i riconoscimenti che avrebbe meritato per le sue immagini atemporali, silenziose e poetiche, non ascrivibili ai grandi percorsi della fotografia sperimentale né alla fotografia d’impegno sociale e politico. Perché «la mia fotografia, ripeteva, è un diario intimo».
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