Guastatori alla Triennale di New York

Al New Museum artisti come sabotatori

Nathaniel Mellors, «The Vomiter (Outhouse)», 2010. Courtesy the artist and the Box, Los Angeles
Federico Florian |  | New York

Aperta dal 13 febbraio al 27 maggio, la Triennale 2018 del New Museum occupa quattro piani del museo newyorkese con opere (diverse delle quali nuove produzioni o esposte per la prima volta negli Stati Uniti) prodotte da una trentina di artisti da diciannove Paesi. Tra gli altri, Cian Dayrit, Tomm El-Saieh, Claudia Martínez Garay, Lydia Ourahmane, Dalton Paula, Shen Xin: tutti «millennials», provenienti soprattutto da Americhe, Africa e Asia. È una mostra dagli intenti profondamente democratici e dai risvolti politici, capace di offrire modelli per rinnovare strutture di potere plasmate da decenni di colonialismo e pratiche razziali istituzionalizzate.

La Triennale si presenta con un progetto che suona come una metaforica chiamata alle armi. Lo si avverte sin dal titolo, «Songs for Sabotage» («Canzoni per il sabotaggio»), un appello antiestablishment che rivela un’attitudine postpunk. «Sia
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