L’igloo è diventato un villaggio

Trenta esempi della «casa» di Mario Merz

Mario Merz «senza titolo» (1991), Fondazione Merz, Torino. Foto di Paolo Pellion
Ada Masoero |  | Milano

Era il 1968 quando Mario Merz (Milano 1925-2003) creava il primo dei suoi «Igloo». Non li avrebbe mai più abbandonati, attratto da quella forma archetipica dell’abitare, così densa di connotazioni metaforiche per via della forma primaria («se taglio una sfera in due, dichiarò, ottengo due cupole») e dei materiali naturali di cui si serviva, e ne avrebbe realizzati molti altri, sino alla fine, diventando per molti (lamentava già nel 1974 lo storico dell’arte Wieland Schmidt) solo «l’uomo dell’igloo».

Del resto, se è vero che la sua ricerca si è sviluppata lungo linee diverse, queste sono rimaste le sue opere più iconiche. A 50 anni dal primo «Igloo», Vicente Todolí, direttore artistico di Pirelli HangarBicocca, con la Fondazione Merz, ne celebra l’anniversario con la mostra «Igloos», aperta dal 25 ottobre al 24 febbraio prossimo (catalogo Mousse). Nel disegnarne il percorso ha
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