Milano. «Compra un obiettivo diverso, un grandangolo, e lo prova subito, fuori dal negozio. Le prime immagini di New York nascono così, da un cambio di lente e di prospettiva». Così Alessandra Mauro, curatrice di «William Klein. Il mondo a modo suo», la mostra da poco inaugurata al Palazzo della Ragione di Milano (fino all'11 settembre), condensa uno snodo fondamentale della visione di Klein, sempre in anticipo sui tempi, e destinata a raggiungere generazioni di fotografi.
Pittore scrittore grafico e cineasta, oltre che fotografo, nato a New York nel 1928 da una famiglia di ebrei ungheresi, William Klein nella sua lunga carriera passa attraverso una molteplicità di linguaggi artistici senza mai venir meno a «una sincerità di sentimenti, come suggerisce David Campany nel testo pubblicato nel catalogo Contrasto GAmm Giunti, che non consegue ritirandosi dal mondo per raggiungere la fredda distanza, ma tuffandosi in esso». Un tuffo sempre iperbolico, privo di centro, in bilico e ravvicinato, in un attrito quasi fisico con la realtà.