La Maison Européenne de la Photographie dedica la prima retrospettiva in Francia al fotografo belga Harry Gruyaert (nato a Anversa nel 1962), membro da più di trent’anni dell’Agenzia Magnum. «Negli anni ’70-80, con gli americani Saul Leiter, Joel Meyerowitz, Stephen Shore e William Eggleston, Gruyaert è uno dei rari pionieri in Europa a dare al colore una dimensione puramente creativa, una percezione emotiva, non narrativa e radicalmente grafica del mondo», osserva François Hébel, curatore della mostra (che si tiene fino al 14 giugno). Gruyaert lascia il troppo piccolo Belgio a 20 anni. A Parigi realizza foto di moda per Peter Knapp, direttore di «Elle», e di automobili per Robert Delpire. Un reportage in Marocco per Philippe Hartley gli dà il gusto del viaggio. Parte per New York, il Giappone (nella foto, «Tokyo», 1996), l’India. A Londra realizza la serie «Tv Shots», di ritorno a Bruxelles pubblica il libro Made in Belgium (2000). La fotografia per lui è «un’esperienza fisica»: «Il colore, sostiene, è più fisico del bianco e nero, più intellettuale e astratto».
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