Nel 1996 Shirin Neshat propose al pubblico la serie «Untitled» in cui sovrapponeva il testo di una scrittrice iraniana contemporanea, in cui parlava del ruolo delle donne nel suo Paese, sulle immagini di volti, mani e corpi di donne e bambini da lei scattate (nella foto, «Roja», 2012, Boston, Museum of Fine Arts). E ridiscusse così il modo di rappresentare l’Oriente e il mondo femminile in quegli anni. Allo stesso tempo, in Qatar, nel 1998, Shadi Ghadirian suggerì la tensione tra la modernità, il bisogno delle donne di vivere con indipendenza e rispetto dei propri diritti civili, e la tradizione che ne limitava la libertà sia in pubblico sia in privato. Ora le due artiste, assieme a Jananne Al-Ani, Boushra Almutawakel, Gohar Dashti, Rana El Nemr, Lalla Essaydi, Tanya Habjouqa, Rula Halawani, Nermine Hammam, Rania Matar e Newsha Tavakolian sono le protagoniste della mostra «She Who Tells a Story: Women Photographers from Iran and the Arab World», al Cantor Arts Center dell’Università di Stanford in California fino al 4 maggio.
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