Con «il cuore nella penna» e nella macchina fotografica

 Antonia Pozzi a Champoluc, Val d’Ayas, ottobre 1937 (autore sconosciuto)
Chiara Pasetti |

Milano. «Caro Dino, l’altro giorno hai detto che nelle fotografie si vede la mia anima: e allora eccotele. Qui troverai tante cose che già conosci: dietro a ciascuna ho scritto un titolo o delle parole con poco senso, che però tu capirai. Caro caro Dino, che almeno tu possa foggiare la tua vita come io sognavo che diventasse la mia: tutta nutrita dal di dentro e senza schiavitù. In ciascuna di queste immagini vedi ripetuto questo augurio, questa certezza». Così scriveva Antonia Pozzi (1912-38) all’amico Dino Formaggio qualche mese prima di interrompere la sua vita con la morte volontaria, avvenuta a soli ventisei anni il tre dicembre del 1938.

Le fotografie di cui parla Antonia nella lettera sono solo alcune tra le tante che aveva cominciato a scattare nel 1929, lo stesso anno in cui, non casualmente, aveva iniziato a dare voce alla propria anima «palpitante, ridente, nostalgica, appassionata»
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(l'articolo integrale è disponibile nell'edizione su carta)

© Riproduzione riservata Antonia Pozzi, Angelus della sera, Pasturo, Valsassina, Lombardia, estate 1938
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