I committenti di Ivan Bianchi (1811-93), pioniere ticinese della fotografia, lungamente di stanza a San Pietroburgo, si chiamavano Stroganov e Seremetev, Levasov e Paskevic: il meglio della società russa del tempo. Possedere immagini di una tecnica sperimentale come la fotografia era infatti allora un costoso status symbol e tanto più lo era se le immagini raffiguravano gli interni delle loro sontuose dimore. Venti di queste fotografie, molte caratterizzate dalle sue sperimentali «spazzolate» alle lastre, sono esposte da RB Contemporary nella mostra «Ivan Bianchi: visioni d’interni nella San Pietroburgo dell’800» (dal 9 maggio all’11 luglio), in cui si palesa quel mondo ovattato e opulento, presto spazzato via dalla Rivoluzione d’Ottobre. Quelle sale e salotti con dipinti, tendaggi, tappeti, panoplie di armi alle pareti, quelle stanze da gioco dei bambini, in una delle quali c’è persino una barca in scala 1:1, diventano così significativi documenti di una realtà cancellata dalla storia.
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