Nove artisti del nostro tempo, Sylwester Ambroziak, Georg Baselitz, Giuseppe Bergomi, Agenore Fabbri, Lucian Freud, Domenico Grenci, Marco Perroni, Karl Plattner e Giovanni Sesia, dialogano nel nome della donna con Rembrandt Harmenszoon van Rijn, nella mostra «Muse inquietanti. Ritratte da uomini inquieti», curata da Chiara Gatti per la Nuova Galleria Morone, dov’è allestita sino al 30 aprile. Il sottotitolo spiega la chiave di lettura di cui si è avvalsa la curatrice, che ha assunto queste figure femminili non come simboli di seduzione o di maternità, di dolcezza o di crudeltà, di fragilità o di dominio, secondo gli stereotipi consueti, ma piuttosto individuando in esse uno specchio dell’anima di chi le ha ritratte. Opere, dunque, di nove artisti nati nel Novecento, storici o emergenti, accomunati da questo sguardo speciale: lo stesso di Rembrandt, presente in mostra con l’acquaforte di un nudo femminile. E se Fabbri (1911-98) nelle sue donne raffigura l’orrore della guerra e Lucian Freud (1922-2011) si accanisce sulla decadenza della carne, in un territorio ugualmente dolente si sono mossi Plattner (1919-86) e Baselitz (1938).
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