Modena. Il titolo indica il senso della sua fotografia. «Walter Chappell. Eternal Impermanence» richiama uno dei fondamenti della filosofia buddhista: il divenire continuo delle cose, l’anitya che in sanscrito significa appunto impermanenza. La figura umana, la vegetazione, il paesaggio entrano nel suo obiettivo come variazioni di un elemento unico che passa da una forma all’altra. Lo si vede nelle oltre 150 immagini vintage, realizzate tra gli anni Cinquanta e i primi Ottanta, esposte nella prima retrospettiva mai dedicata all’artista americano, curata da Filippo Maggia e promossa dalla Fondazione Fotografia Modena (ex Ospedale Sant’Agostino, dal 13 settembre al 2 febbraio, catalogo Skira).
Walter Chappell (Portland 1925-2000) ha solo 17 anni quando incontra Minor White, destinato a diventare suo maestro e amico. Dopo il 1957, quando si sposta a New York, diventa curatore alla George Eastman House e comincia a collaborare con la rivista «Aperture», fino a fondare, con Paul Caponigro, l’Association of Heliographers.
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