Pochi artisti nel corso del Novecento hanno saputo, come Fabio Mauri (Roma, 1926-2009), indagare il tema delle ideologie e della memoria, portando avanti un lavoro complesso e affascinante a metà strada tra saggio storico e autobiografia. La riproposizione, dal 6 all’11 giugno, della sua performance «Che cos’è la filosofia. Heidegger e la questione tedesca» alla tredicesima edizione di documenta a Kassel e la grande mostra dal titolo «The End», ospitata al Palazzo Reale di Milano dal 18 giugno al 23 settembre, sono il giusto riconoscimento a questo straordinario artista e intellettuale scomparso nel 2009. Abbiamo parlato con Francesca Alfano Miglietti, curatrice della mostra milanese: è un’esposizione in cui emerge con forza quanto per Mauri fosse importante il momento del coinvolgimento dello spettatore; un rapporto stabilito attraverso l’uso di oggetti «domestici» e immagini prelevate dalla storia (personale e collettiva) in grado di acquistare un nuovo senso all’interno del contesto artistico.
Quali sono state le sinergie che hanno permesso di realizzare la mostra in una sede importante come Palazzo Reale?
Tra Fabio Mauri e Milano sono sempre intercorsi ottimi rapporti.
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