Urs Fischer ritrae gli oggetti quotidiani che lo circondano: frutta, gatti, sedie e candele sono motivi ricorrenti nella sua opera. La trasformazione e l’entropia sono per lui sia temi sia tecniche. Alla scorsa Biennale di Venezia l’artista svizzero, classe 1973, è stato acclamato per tre monumentali opere in cera munite di stoppini accesi come candele, raffiguranti una sedia, il ritratto dell’artista Rudolf Stingel (suo amico) e una copia della scultura in marmo «Il ratto delle Sabine» di Giambologna. Le sculture si sono lentamente sciolte durante la mostra.
Fischer ha raggiunto il successo all’inizio della carriera e, pur avendo lasciato la Svizzera per trasferirsi a New York, il suo lavoro è ancora spesso accostato a quello di artisti europei come Fischli e Weiss, Franz West, Dieter Roth e Georg Herold. Fischer ha avuto una formazione da fotografo. Molte delle sue opere affrontano i temi della mimesi e dei limiti della rappresentazione, come nella serie tuttora in progress di scatole specchianti, sulle quali stampa fotografie di oggetti.
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