Alle 3 e 32 del mattino del 6 aprile 2009, un forte terremoto colpisce L’Aquila e i suoi dintorni. È la scossa distruttiva, che arriva dopo mesi di quello che viene definito sciame sismico. Centinaia le vittime, migliaia i feriti, decine di migliaia gli sfollati, e una città ferita, che cambia volto e non sembra più appartenere ai suoi abitanti. A tre anni dal disastro (cfr. articolo a p. 10) Gianni Berengo Gardin torna a visitare quel luogo che aveva percorso molto tempo prima. «La cosa più impressionante, racconta, è il silenzio che c’è per le strade. Non passa nessuno, non c’è nessuno. Non ci sono i bambini che giocano, le donne che vanno a fare la spesa, la gente che va in ufficio. C’erano solo quattro cani abbandonati che giravano».
Non deve essere stato facile ripercorrere quelle stesse strade, le piazze, le case fotografate dal 1995 a più riprese, e poi dopo quel 6 aprile, fino a pochi mesi fa. «Mi ricordo a Roma, prosegue, com’era San Lorenzo dopo il bombardamento degli americani.
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