Roma. Giuseppe Evangelisti declina le tappe della sostanziale impunità: «Tre perquisizioni e due processi. Di uno, non sapevo nulla: avevo un avvocato d’ufficio, forse perché intanto avevo cambiato casa. Nel 2005, un pretore di Viterbo mi dà sei mesi e 3.500 euro di multa. Nell’altro processo, l’anno dopo a Montefiascone, il giudice non credeva che avessi smesso: nove mesi e 2mila euro. Sempre con la condizionale, pena sospesa».
Questo è il conto che lo Stato ha presentato a Evangelisti per un’intera vita da «tombarolo»; un esempio paradigmatico di come, in Italia, chi traffica in archeologia rischia davvero poco.
Giuseppe Evangelisti vive sul lago di Bolsena, a Capodimonte, poi a Montefiascone; ha quasi 60 anni. Per 42, fino a un infarto, ha fatto il boscaiolo: riforniva di legna due paesi. Ma il sabato sera... «Era l’ottobre del 1968, ricorda Evangelisti. Avevo studiato fino alla terza media, degli Etruschi sapevo che erano esistiti e basta. Un ragazzo di tre anni più grande mi chiede: “Vuoi farti un cassone?” Non capivo.
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