Wakefield (Gb). «Soliloquy», un film di Shirin Neshat del 1999, viene proiettato sino al 26 giugno nello Yorkshire Sculpture Park (Ysp) in una cappella georgiana sconsacrata. Gli spettatori sono collocati nel mezzo di una doppia proiezione che dà loro l’opportunità di «immergersi completamente nel film», ha detto Clare Lilley, curatrice capo all’Ysp. La decisione di proiettare «Soliloquy» in un ex luogo di culto è stata caldeggiata dall’artista iraniana: «Esporre in chiese e sinagoghe, spiega, è stata per me una rivelazione. Si crea un ambiente che non è esclusivo del mondo dell’arte». A commento del film, che per 15 minuti esplora il tema della ricerca di un’identità in varie città dalla Turchia agli Usa, la Neshat cita le recenti sommosse politiche in Egitto, dove in passato ha lavorato per alcuni mesi: «Tutta la mia opera è sul dilemma della paradossale realtà in gioco nel Medio Oriente, ha detto. Non si può separare la realtà di una generazione di giovani in cammino verso la modernizzazione e la tecnologia opposta a dittatori che cercano di tenere un Paese nell’arretratezza e controllarlo attraverso la povertà e la censura».
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