«Gli stacchi non si fanno (quasi) più», si intitolava anni addietro un mio intervento sulla rivista di restauro «Kermes». In quella sede invitavo a tener conto da un lato che le progredite tecniche di consolidamento in loco delle pitture murali consentono oggi di evitare in massima parte gli stacchi degli affreschi, dall’altro che nel caso (raro, ma non inesistente) in cui proprio non esistessero alternative, di fronte alla perdita totale dell’opera risultava ancora concepibile ricorrere a un’operazione di rimozione dal supporto muro. Sta di fatto comunque che in passato l’estesa «stagione degli stacchi» (Paolucci), in certi casi eseguiti come misura preventiva o allo scopo di riscoprire le sinopie, ha prodotto migliaia di metri quadri di murali staccati che soltanto in parte, per mille ragioni, essi sono stati riposizionati sulla parete di provenienza.
Agli stacchi di affreschi è dedicato un bellissimo contributo di Simona Rinaldi dell’Università di Viterbo pubblicato nel volume Musei anni ’50: spazio, forma, funzione di Maria Cecilia Mazzi intitolato (264 pp., Edifir, Firenze 2009, e 20,00).
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