roma e venezia. Felice per la doppia nomina a Venezia e a Roma, Vittorio Sgarbi è un fiume in piena. Dichiara tutta la propria «alterità» rispetto al «sistema dell’arte» che ha fino ad ora retto le sorti del contemporaneo in Italia, ma, sotto sotto, non rinnega il passato e non rifiuta in toto i miti consolidati, nemmeno i maestri dell’Arte povera che sono stati l’oggetto dei suoi strali, anche recenti. «Non sono mica stupido. Non voglio certo dire, e non lo penso neanche, che Kounellis, Merz e Penone siano da rifiutare in blocco. Anzi. Voglio però che sia riconosciuto come legittimo, anche da un punto di vista culturale, che al loro fianco un museo d’arte contemporanea che si dice nazionale accolga anche, per rimanere a Torino, patria del poverismo, Carol Rama, Pinot Gallizio e, addirittura, Sergio Saroni e Ottavio Mazzonis. Pittori dalla mano felicissima». È una questione di «et et», quindi, «non certo di aut aut». Non lo sarà a Venezia, dove il Padiglione Italia del 2011, «benché richieda una riflessione con tempi lunghi, sarà una questione facilmente risolvibile per quanto problematica.
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