Quanto piaceva Alessandro Magno ai Romani!

Al Mann di Napoli gli affreschi della Villa di Boscoreale, appartenuta a Giulio Cesare, offrono una nuova lettura del condottiero e della cultura macedone ai quali si ricongiungeva il mondo romano

Statuetta di Alessandro Magno a cavallo in bronzo, I secolo d.C., da Ercolano. Foto: Giorgio Albano
Olga Scotto di Vettimo |  | Napoli

«È una mostra a cui il professor Coarelli e io stiamo lavorando da quattro anni, sviluppando una ricerca indirizzata a ripercorrere la storia delle civiltà che Alessandro Magno incontra e che lo influenzarono profondamente», dichiara Eugenio Lo Sardo, curatore insieme con Filippo Coarelli della mostra «Alessandro Magno e l’Oriente. La scoperta e lo stupore», al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann) dal 29 maggio al 28 agosto e realizzata con il supporto del Museo di Arte Orientale di Roma.

I 150 oggetti esposti, concessi in prestito da prestigiosi musei italiani e stranieri (tra cui British Museum, Louvre, Leeds City Museum, Ashmolean Museum di Oxford, Museo Archeologico di Salonicco, Musei Vaticani, Museo Nazionale Romano, Museo Archeologico di Villa Giulia, Musei Capitolini), intendono suggerire una lettura che tralascia l’ottica della supremazia culturale e della conquista militare per evidenziare le relazioni, le mescolanze e le fusioni tra mondo greco e mondo asiatico.

Realizzata mentre è ancora in corso al Mann il complesso restauro del mosaico di Alessandro proveniente dalla Casa del Fauno di Pompei, la mostra si avvale di nuove importanti evidenze. «La scoperta principale riguarda gli affreschi della Villa di Boscoreale, chiarisce Lo Sardo. Staccati, furono venduti all’asta a Parigi nel 1903 e dispersi in 23 diversi musei con due tronconi principali al Metropolitan e al Mann. Nel peristilio, disposti vicino alle porte che davano accesso all’oecus, la sala grande di quella che forse non fu una villa agricola ma un “deversorium” (una sorta di albergo, Ndr), si incontrano strani personaggi alati con una particolare capigliatura e orecchie appuntite.

Da una vasca emergono una figura maschile, in mostra e proveniente dal Louvre, e una femminile, che reggono alcuni oggetti. Il bagno lustrale rinvia alle nozze di Cadmo e Armonia, quindi ai Misteri di Samotracia a cui erano stati iniziati Filippo II e Olimpiade, genitori di Alessandro. Tra gli affreschi della sala principale compare la figura di un uomo che, come ha individuato Coraelli, impugna un bastone e non uno scettro. Recenti studi anatomopatologi confermano che la figura zoppa corrisponde a Filippo II
». E ancora: oltre a un filosofo (Aristotele, il maestro di Alessandro?), è ritratto un giovane seduto su una riva che regge una lancia la cui punta poggia su un’altra sponda del mare, dove è raffigurata una donna con vesti persiane.

Il corredo lo distingue come macedone: è Alessandro che ha conquistato l’Asia. «Eppure il viso, benché simile a quello del mosaico di Napoli, attribuito ad Apelle e unico ritratto certo di Alessandro, non rassomiglia ai ritratti ufficiali. Ciò dimostra quanto Lisippo e Apelle modificassero i volti, idealizzandoli». Gli affreschi svelerebbero inoltre il committente di questo apparato decorativo così intriso di riferimenti ad Alessandro e alla cultura macedone, rievocata anche riprendendo elementi dell’architettura del Palazzo di Pella e delle decorazioni delle tombe reali di Verghina.

Nota con il nome del suo ultimo proprietario, Publio Fannio Sinistore, la Villa di Boscoreale secondo Coarelli sarebbe appartenuta a Giulio Cesare, il cui padre fu iniziato ai Misteri di Samotracia. Un affresco che raffigura la Venere Genetrix, protettrice della famiglia Iulia, lo farebbe supporre. «Il mondo romano ha bisogno di ricongiungersi ad Alessandro, ripercorrerne le strade e l’esempio. In particolare Cesare, che con la nascita del figlio (Cesarione) avuto da Cleopatra aspira a diventare padre del faraone e, quando raccoglie le spoglie di Pompeo, diviene in qualche modo erede di questa reincarnazione di Alessandro Magno», conclude Lo Sardo.

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