La terza personale napoletana di Uslé

L’artista torna da Alfonso Artiaco con opere realizzate attraverso pennellate che replicano il ritmo cardiaco

«Soñé que revelabas (Mar Rojo)» (2023), di Juan Uslé
Olga Scotto di Vettimo |  | Napoli

L’astrazione di Juan Uslé (Santander 1954), indagine concettuale, sensoriale ed emotiva, al tempo stesso, sul metodo e sullo statuto della pittura, ritorna in mostra alla galleria Alfonso Artiaco in occasione della terza personale dell’artista nello spazio napoletano dal 19 maggio al 23 giugno. Il titolo della mostra, «Ácrono», sottolinea la dimensione di sospensione temporale che appartiene alla ricerca dello spagnolo e che accompagna e definisce il dipinto nel suo farsi.

Per riferirsi al lento processo pittorico, cadenzato dalla sequenza delle pannellate, Uslé utilizza un’analogia con i battiti del cuore: il contatto del pennello sulla tela corrisponde al ritmo cardiaco dell’artista, che trasforma quella frequenza in segni, impressioni sensoriali e mentali, ma anche in paesaggi e brani musicali: «cerco di seguire un ritmo sequenziale, scandito dal battito del mio polso... e in generale si trasforma in un campo o territorio sequenziale di segni e percorsi che ricordano il mare, un paesaggio o un pentagramma», dichiara Uslé.

I lavori in mostra si prestano a essere osservati come dispositivi attraverso i quali egli ristabilisce un contatto emotivo con il corpo, superando l’impasse della vista, senso ritenuto dall’artista troppo compromesso e saturo perché sovraesposto alle costanti sollecitazioni della società dell’immagine.

La ricerca di nuove soluzioni sensoriali apre, dunque, a vibranti scenari lirici e onirici: «giorno dopo giorno sentivo più intensamente la sensazione senza peso di vivere in quei sogni in cui ci si riconcilia in luoghi dove si è già vissuto, ma senza il carico terrestre, senza il peso che impedisce di volare», aggiunge ancora l’artista.

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