Cucchi sempre più mago, sempre più poeta

Anche le parole di un artista che iniziò come poeta tra le 200 opere (tele gigantesche, disegni e sculture), molte inedite, esposte in un allestimento che, concepito con l’autore, è già un’opera in sé

Enzo Cucchi. Cortesia della Fondazione MaXXI
Guglielmo Gigliotti |  | Roma

Al MaXXI, dal 17 maggio al 24 settembre, la mostra «Enzo Cucchi. Il poeta e il mago» presenta, trasversalmente, per passaggi emblematici, tutti i versanti creativi dell’artista marchigiano (e dal 1984 definitivamente «romano») dai suoi esordi ad oggi, iniziando dalle parole per giungere alla pittura e alla scultura. Curata da Luigia Leonardelli e Bartolomeo Pietromarchi, direttore del MaXXI Arte, la mostra vuole essere infatti un affondo non cronologico ma totalizzante dei temi e dei mezzi adottati dal 73enne artista, che nasce poeta (gioventù marchigiana) e si scopre pittore (maturità romana).

È così che accanto a dipinti, disegni, grafiche, sculture in bronzo, marmo o ceramica, figureranno, nel racconto espositivo, le parole da lui vergate su fogli volanti, suoi libri d’artista, ma anche i libri e cataloghi tratti dalla sua biblioteca, trasferendo così nel grande museo progettato da Zaha Hadid i piccoli momenti del quotidiano di un artista dalla fervida mente creativa. L’allestimento, concepito con all’artista, è già opera in sé, inspirando nel fruitore l’atteggiamento mentale adatto a cogliere la «magia» menzionata nel titolo della mostra, a sua volta consustanziale all’operato di Cucchi.

«Avvolgente e immersivo, definisce Pietromarchi l’allestimento, è un’unica grande installazione ambientale, quasi un metaverso dell’universo artistico di Cucchi». Nel percorso si incontrano i temi ricorrenti della fantasia figurativa dell’artista, dai vascelli ai teschi, agli animali, alle figure volanti, agli spogli paesaggi montani, secondo modalità che evocano la tradizione espressionista europea, con aperture alla visionarietà surrealista.

«Abbiamo scelto soprattutto gli estremi, spiega il curatore: o gigantesche tele, fino a 7 metri di base, o disegni e piccole sculture. In tutto 200 opere, molte inedite, altre sorprendenti. Si vedrà un Cucchi degli anni ’80 poco noto, non collegabile all’idea che ci siamo fatti di questo artista. È, in fondo, un artista ancora in parte da scoprire». I riferimenti sono spesso al mito, al sogno, alla letteratura e al mondo popolare.

Tutti mondi accomunati dall’emozione che Cucchi ha sempre colto come matrice del suo fantasticare: lo stupore. «Cucchi è un grande creatore di immagini, continua Pietromarchi, forse il maggiore oggi in Italia, ed è riconosciuto quale figura chiave dell’arte italiana, soprattutto dai giovani. La mostra nasce anche da queste considerazioni. La sua magia, peraltro, non è marchigiana, ma romana. Per Cucchi Roma è una categoria esistenziale, è una dimensione in cui sente che la sua anima è a casa, perché anche lui, come questa città, si sente inattuale, e difende con orgoglio questo suo essere fuori dal tempo».

Di questo aspetti tratteranno i talk che sono programmati a corredo dell’evento espositivo. La mostra è a sua volta accompagnata, oltre che da un catalogo pubblicato da Five Continents, da un videogioco promosso dal figlio di Cucchi, Alessandro. Il titolo è «Cuccchi» (con tre c), e si articola in un compendio dell’universo figurale del padre.

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