A Fermo il nuovo Museo Archeologico collegato alle cisterne romane

Il primo nucleo ad aprire, curato da Francesca Giagni, è dedicato al collezionismo antiquario e alla nascita del museo pubblico grazie alla passione per l’archeologia dei fratelli De Minicis

Peso di stadera raffigurante Mercurio appartenuto alla collezione Carducci, simbolo della sezione collezionismo
Marta Paraventi |  | Fermo

La città marchigiana si riappropria del suo passato inaugurando l’11 maggio la prima delle tre sezioni del Museo Civico Archeologico, annunciato già qualche anno fa, ubicato nell’ex Convento dei domenicani e ristrutturato grazie a Regione Marche con fondi Por-Fesr e Comune in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche per le Province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata.

Il primo nucleo ad aprire, curato da Francesca Giagni, è dedicato al collezionismo antiquario e alla nascita del museo pubblico; le successive sezioni, incentrate su Fermo in età protostorica e romana, saranno aperte tra 2023 e 2024. Il museo, connesso con le sottostanti grandiose cisterne romane, trae origine dal collezionismo e dalla passione per l’archeologia dei fratelli Gaetano (1792-1871) e Raffaele De Minicis (1784-1860).

Nati nella vicina Falerone, nella comune dimora dove esercitavano nella prima metà del XIX secolo l’attività forense, essi raccolsero una ricchissima collezione di oggetti antichi, frutto di scavi e acquisti, di natura principalmente archeologica ed epigrafica inerente il Fermano. Nel museo è proposta una ricostruzione degli ambienti di casa De Minicis, aperta al pubblico, dove iscrizioni e sculture antiche si affiancavano a dipinti: un museo, il loro, definito uberrimus da Theodor Mommsen, e che contemplava dagli anelloni piceni e urne cinerarie etrusche, di provenienza ignota, alla stele funeraria in marmo con raffigurazione di bambino e cane da Monteleone di Fermo.
Stele funeraria in marmo con raffigurazione di bambino e cane da Monteleone di Fermo
I fratelli De Minicis, inoltre, acquistarono nel 1836 il terreno su cui sorge tuttora il teatro della città romana di Falerio Picenus e finanziarono, senza la necessaria autorizzazione pontificia, degli scavi: in merito sono esposte epigrafi, lettere, diari, trascrizioni. Alla morte di Gaetano De Minicis, avvenuta nel 1871, il nipote Pietropaolo vendette la collezione e molti reperti confluirono in ambito privato e in musei (Louvre) ma una parte consistente, fortunatamente acquistata dal Comune di Fermo, costituì, in sostanza, il primo nucleo del Museo Archeologico di Fermo cui si aggiunsero, nel 1888, alcuni importanti reperti della collezione privata dell’architetto Giovan Battista Carducci (1806-78).

© Riproduzione riservata
Altri articoli di Marta Paraventi