La fotografia torna a splendere in Laguna

Attesa l’apertura delle Stanze della Fotografia a Venezia: un progetto ambizioso che prevede un ricco programma di attività e molte collaborazioni internazionali

Dalla serie «New York» (1965) di Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas. Cortesia Archivio Ugo Mulas, Galleria Lia Rumma
Maurizio Francesconi |  | Venezia

Il 29 marzo inaugura a Venezia il tanto atteso centro espositivo Le Stanze della Fotografia nelle Sale del Convitto della Fondazione Giorgio Cini sull’Isola di San Giorgio Maggiore; un’iniziativa congiunta di Marsilio Arte (che pubblica anche il catalogo) e Fondazione Giorgio Cini che permette alla città lagunare di ritagliarsi nuovamente uno spazio sulla mappa internazionale della fotografia, dopo la chiusura della Casa dei Tre Oci, acquistata dal Berggruen Institute.

Quello delle Stanze della Fotografia è un progetto dichiaratamente ambizioso, nato anche dall’unione di intenti tra Marsilio Arte (che ha gestito mostre e attività dei Tre Oci sin dal 2012) e la Fondazione Giorgio Cini, che custodisce un’importante collezione fotografica della quale fanno parte anche le raccolte appartenenti a storici dell’arte come Berenson, Bettini, Fiocco e Pallucchini, così come quelle frutto dei rapporti tra l’istituzione e l’Archivio storico Alinari.

Le Stanze della Fotografia vogliono proseguire, ha precisato Luca De Michelis, amministratore delegato di Marsilio Arte, «l'esperienza dei Tre Oci in un'ottica internazionale e con l'obiettivo di costruire un centro di ricerca e valorizzazione della cultura delle immagini attraverso mostre, laboratori, workshop, seminari, master».

Gli spazi si sviluppano su una superficie complessiva di 1850 metri quadrati, dei quali 1500 al piano terreno, destinati a mostre, a sale proiezioni e video e con un bookshop dedicato esclusivamente a titoli riguardanti il mondo della fotografia. Il primo piano, di 350 metri quadri, dovrebbe essere destinato, secondo i progetti del direttore artistico Denis Curti, «alla tematica delle grandi collezioni, consentendo di scoprire realtà pubbliche e private per ripresentarne la sintesi nei nostri spazi. Stiamo dunque stringendo alleanze in Italia ed Europa, perché crediamo che ci sia una ricchezza infinita sul fronte della fotografia».

Sono annunciate collaborazioni con svariate istituzioni internazionali, dall’agenzia Magnum Photos al Jeu de Paume e alla Médiathèque du patrimoine et de la photographie di Parigi fino al Musée de l’Elysée di Losanna. Sono intanto già noti i nomi dei protagonisti delle prossime mostre: il prossimo autunno avrà luogo la personale di Paolo Pellegrin, mentre nella primavera 2024 sarà la volta di Helmut Newton con la stessa mostra appena inaugurata nel Palazzo Reale di Milano e che passerà anche per il Museo dell’Ara Pacis (nell’autunno 2023) prima di raggiungere la laguna.
Dalla serie «Russia» (1960) di Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas. Cortesia Archivio Ugo Mulas, Galleria Lia Rumma
«Abbiamo deciso di inaugurare Le Stanze della Fotografia con la mostra su Ugo Mulas per dare un segnale preciso di interesse nei confronti della produzione italiana. E anche perché, il 2 marzo scorso, sono ricorsi i 50 anni dalla sua morte e ci sembrava giusto riportare alla memoria il lavoro di un fotografo che va un po’ rivisitato» ha dichiarato Denis Curti, curatore con Alberto Salvadori della mostra «Ugo Mulas. L’Operazione Fotografica» (fino al 6 agosto 2023). La retrospettiva , la più completa finora realizzata su Ugo Mulas (Pozzolengo, Bs 1928 - Milano 1973), presenta più di 300 scatti suddivisi in 14 sezioni che permettono di avere una lettura più completa e approfondita della sua opera.

«Mulas non è stato soltanto il fotografo dell’arte ma un artista totale perché, alla stregua di Stanley Kubrick, ha viaggiato intorno a tutti i generi: dalla moda al ritratto, dall’architettura al paesaggio e poi, naturalmente, gli artisti e i reportage» ha spiegato Curti, «Questa mostra ha quindi un doppio obiettivo: il primo è raccontare Mulas a tutto campo e il secondo è la possibilità di mostrare più di 30 inediti che abbiamo scovato nell’archivio e che secondo noi è importante finalmente esporre».

Le 14 sezioni, dai titoli evocativi, raccolgono ciascuna un focus di Mulas in un breve periodo della sua vita. Si passa dai suoi primi reportage degli anni Cinquanta tra le periferie e il mondo artistico e culturale milanese del bar Jamaica, all’attenzione per il mondo dell’arte che lo avvicina a Marcel Duchamp; seguono gli anni Sessanta con i reportage da vari luoghi del mondo (in giro per l’Italia ma anche in Danimarca e Russia) e con la serie monografica su Alexander Calder (1963). Dello stesso decennio fa parte il nucleo relativo alla scena della Pop art newyorkese, cui si avvicina grazie al gallerista Leo Castelli che introduce Mulas nel mondo artistico d’oltreoceano durante il suo primo viaggio negli Stati Uniti. Ecco Roy Lichtenstein, Andy Warhol (anche insieme alla sua prima «superstar» Edie Sedgwick), Jasper Johns, George Segal, Tom Wesselmann, James Rosenquist, Jim Dine...

Alla Biennale di Venezia, che Mulas fotografa ininterrottamente dal 1954 al 1972, è dedicata un’apposita sezione, così come ai ritratti, tra i quali spiccano quello di Gianni e Marella Agnelli, Keith Richards e Anita Pallenberg (nello studio di Mario Schifano), Maria Callas, Giorgio Strehler, Eduardo De Filippo, Maria Callas, Pier Paolo Pasolini e Giangiacomo Feltrinelli. Poi, via via, la serie sulle scenografie teatrali, sugli studi degli artisti, quella dedicata alla raccolta Ossi di Seppia di Eugenio Montale (1962).

Meno note, ma non meno significative, sono le sue fotografie di moda, gioielli e nudo, cui è dedicata un’intera sezione; presenti in mostra anche materiali originali come riviste, documenti d’archivio e video mai esposti prima d’ora. In occasione dell’inaugurazione, il primo piano delle Stanze della Fotografia è riservato alla mostra di Alessandra Chemollo (Treviso, 1963) con 60 immagini scattate a Venezia, tutte tratte dal volume dal titolo Venezia alter mundus (Marsilio Arte, 2022, con testo di Franco Rella).

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