La nostalgia pittorica di Andriu Deplazes

Alla Collezione Maramotti prima personale italiana dell’artista svizzero

«Himmel-Berge-Feld (Sky-Mountains-Field)» (2023), di Andriu Deplazes. Cortesia dell’artista e della Galerie Peter Kilchmann, Zurigo. Foto: David Giancatarina
Valeria Tassinari |  | Reggio Emilia

Una peculiare attenzione alle declinazioni strettamente contemporanee del medium pittorico trova di nuovo ampio spazio nella Pattern Room della Collezione Maramotti, dove dal 19 marzo al 30 luglio è allestita la mostra «Burning green», prima personale in Italia di Andriu Deplazes (Zurigo, 1993). Artista in rapida affermazione sulla scena internazionale, dopo un intenso periodo di lavoro nel suo studio di Marsiglia, Deplazes presenta un progetto espositivo inedito, nel quale mette in interazione oltre 30 lavori tra sculture, dipinti e opere su carta o plexiglas.

Non solo pittura, dunque, ma certamente un intenso respiro pittorico, per la sua dichiarata inclinazione al recupero delle atmosfere cromatiche del secolo scorso, con evidenti richiami che reinterpretano suggestioni sospese tra Ottocento e Novecento (Art Déco, Ernst Ludwig Kirchner, Ferdinand Hodler, Pierre Bonnard, Käthe Kollwitz, Francis Bacon e Nancy Spero) per indagare la complessità del sistema di relazioni, sociali e culturali del nostro tempo.

Le sue figure, di un’umanità ingenua e un po’ primitiva, sono lo specchio di una riflessione che va oltre l’apparenza espressionista (colori innaturali, sintesi e deformazione della realtà) per lasciare emergere un sentimento quasi struggente, decantato nella visione di situazioni comuni ma pervase da uno senso di inquietudine.

Si entra così in un piccolo universo narrativo e spaesante, con afflati di tensione talvolta romantica, talvolta tragica, talvolta persino incantata ma mai ingenua, tra interni, paesaggi e personaggi catturati nella loro fragilità: un mondo di creature minacciate, esposte e imperfette, ma proprio per questo inaspettatamente vicine.

Come di consueto, negli spazi della Collezione Maramotti una cura particolare è dedicata all’allestimento, grazie alla ridefinizione dello spazio espositivo pensata per accompagnare in un percorso di disvelamento progressivo delle opere, e alla documentazione del progetto, con l’edizione di un libro che riporta una conversazione tra l’artista e Julian Denzler, curatore presso il Museum zu Allerheiligen di Sciaffusa, oltre ai testi del critico Davide Ferri e di Anna Deplazes, ricercatrice per lo University Research Priority Programme Global Change and Biodiversity presso l’Università di Zurigo.

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