Urbano VIII, il Re Sole d’Italia

Nel 400mo anniversario dell’elezione al soglio pontificio, 80 opere da tutto il mondo celebrano il suo «regno»: da Bernini a Poussin, da Pietro da Cortona a Simon Vouet

Busto di Urbano VIII, di Gian Lorenzo Bernini (particolare). Collezione Principe Corsini. Foto A. Quattrone
Guglielmo Gigliotti |  | Roma

La mostra «L’immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini», aperta alla Galleria Nazionale d’Arte Antica-Palazzo Barberini dal 18 marzo al 30 luglio, celebra una delle più fulgide stagioni dell’arte, e il suo più grande patrocinatore. I curatori Maurizia Ciccone, Flaminia Gennari Santori (direttrice del museo) e Sebastian Schütze hanno infatti riunito per l’occasione, con prestiti da oltre 40 musei del mondo, 80 opere della collezione d’arte messa insieme da Maffeo Barberini nei suoi 21 anni di regno pontificio, dal 1623 al 1644, col nome di Urbano VIII.

La stessa dimora per cui questa collezione fu costituita, il Palazzo Barberini, è gioiello architettonico in sé, iniziato da Carlo Maderno e terminato da Bernini, con interventi di Borromini. Da lì, grazie anche alla maestosa volta del salone principale dipinta da Pietro da Cortona, si diffuse prima nella città di Roma, e poi per tutta l’Europa, l’idea dell’arte barocca. Papa colto, amante delle lettere e autore di versi in latino e greco, Urbano VIII concepì l’arte come strumento di strategia politica internazionale e di suadente persuasione sociale: il suo pontificato doveva apparire grandioso come il monumentale baldacchino di San Pietro, che commissionò a Bernini.

Gli stessi nipoti Antonio e Francesco, elevati al cardinalato, dovevano incarnare il ruolo di «ministri», più che della Chiesa, del trionfo barberiniano nel mondo. Ma «ministri» erano gli stessi artisti, che eseguirono quelle opere inviate come doni diplomatici alle principali corti europee del tempo, a Vienna, a Parigi, come a Londra e a Madrid. Il più vicino al papa fu proprio Bernini, di cui in mostra si vedranno ritratti di papa e nipoti, ma anche di Richelieu. Di Francesco da Sangallo il Giovane è un «Pan disteso», di Nicolas Poussin un «Martirio di sant’Erasmo» e una «Morte di Germanico».

Di grande valore anche l’«Allegoria di Roma» dipinta da Valentin de Boulogne e l’«Allegoria della Pace» di Giovan Battista Muti e Charles Mellin. Altre opere sono di Giovanni Lanfranco, Ludovico Caracci, Caravaggio, Simon Vouet, Andrea Camassei, Simone Cantarini, Giovan Francesco Romanelli e Andrea Sacchi. Di quest’ultimo, coinvolto anche nelle decorazioni di Palazzo Barberini, si potrà ammirare il «Ritratto di Marc’Antonio Pasqualini con Apollo e Marsia» del 1641, ovvero l’effige glorificata del più celebre cantante d’opera castrato del tempo, impegnato tanto per le liturgie sacre nella Cappella Sistina quanto per gli spettacoli di corte a Palazzo Barberini.

La nobile residenza fu infatti centro culturale molto attivo, ritrovo di artisti, scrittori, filosofi, musicisti e scienziati. Una sezione della mostra presenta, per questo, i testi chiave della produzione letteraria e panegirica dell’epoca, comprese i Poemata del papa poeta. Il salone centrale ospiterà invece i capolavori tessili dell’Arazzeria Barberini, fondata nel 1626. Conclude la mostra la sezione dedicata alle opere, realizzate in epoca barberiniana, a documentazione dei grandiosi e affollati spettacoli messi in scena in città, come nello stesso Palazzo Barberini: è l’arte barocca della meraviglia, che fonde il sublime e il politico.

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