Moravia, pittore mancato

Nello spazio Wunderkammer della Gam di Torino le opere degli artisti amati dallo scrittore compongono un percorso che evoca le sue passioni e i suoi travagli

«Ritratto di Moravia» (1987), di Antonio Recalcati (particolare). Roma, Casa Museo Alberto Moravia
Monica Trigona |  | Torino

Ad Alberto Moravia (Roma, 1907-90), scrittore, giornalista, critico, una delle menti più lucide e complesse del secolo scorso, è dedicato un progetto della Fondazione Circolo dei Lettori, «Nato per narrare. Riscoprire Alberto Moravia». Nell’ottica di riportare al centro del dibattito culturale la sua figura, la rassegna di ampio respiro coinvolge enti quali il Museo Nazionale del Cinema e la Gam.

Presso lo spazio Wunderkammer della galleria cittadina è allestita, sino al 4 giugno, la mostra, curata da Elena Loewenthal e Luca Beatrice, «Non so perché non ho fatto il pittore», titolo ispirato all’omonimo volume degli scritti sull’arte di Moravia, che comprende una trentina di opere di artisti cari all’autore.

Carlo Levi, Enrico Paulucci, Giacomo Manzù, Renato Guttuso, Giuseppe Capogrossi, Mario Mafai, Renato Birolli, Leonor Fini, Piero Guccione, Giosetta Fioroni, Mario Schifano, Elisabetta Catalano ma anche Adriana Pincherle (la sorella) sono solo alcuni dei nomi più noti che appaiono nel percorso, ideale collezione di coloro per i quali aveva speso le proprie parole. Dai primi anni Trenta sino all’anno della sua morte, infatti, Moravia si era dedicato al panorama creativo a lui contemporaneo scrivendo articoli per giornali e presentazioni per cataloghi.

Dalla selezione esposta emerge l’attenzione rivolta allo stile figurativo perché, come ricorda Beatrice in catalogo, egli «non è scrittore d’avanguardia né sperimentatore linguistico e allo stesso modo non lo sono gli artisti di cui si occupa più volentieri e con raffinata sensibilità, però nella sua accezione ha pari dignità la ricerca all’interno del genere (la pittura e il romanzo, il disegno e il racconto), del linguaggio e della struttura formale che compone l’opera. In sintesi, si può fare altrettanta sperimentazione nella pittura o nel romanzo “tradizionali”, liberati dall’ansia avanguardista e con un più accurato lavoro di scavo interiore».

Testi tratti perlopiù dal libro di Alberto Moravia Non so perché non ho fatto il pittore a cura di Alessandra Grandelis (Bompiani, 2017) affiancano i lavori provenienti dalla Casa Museo romana, da raccolte private e dalla Gam. Tra questi spiccano splendidi ritratti del saggista come quello fotografico realizzato dall’amica Catalano o quello pittorico, decisamente antiaccademico, di Levi. Appaiono qua e là anche soggetti femminili, come nelle opere di Fioroni, di Fini e di Capogrossi che rammentano quella capacità di osservare il corpo e «disegnarne» ogni sfumatura nei suoi testi pur restando apparentemente distaccato.

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