Lozano, l’artista che scioperava contro il mondo dell’arte

Alla Pinacoteca Agnelli la prima monografica italiana di una pittrice concettuale «estrema», tanto da autoboicottarsi e abbandonare l’establishment

Lee Lozano fotografata da Hollis Frampton nel 1963 © Estate of Hollis Frampton
Jenny Dogliani |  | Torino

Coerente, provocatoria, rivoluzionaria. Un’artista difficile da raccontare, attiva per 12 anni, con opere molto diverse. Nata nel New Jersey nel 1930, di origine ebraica (il suo vero nome era Lenore Knaster), diplomata all’Art Institute di Chicago, Lee Lozano è una figura chiave dell’avanguardia americana degli anni Sessanta: ha interagito con tutta la generazione di artisti (minimalisti, concettuali, pop) della scena newyorkese, dove si è trasferita nel 1959-60 dopo il divorzio dal marito, l’architetto messicano Adrian Lozano. È stata un’artista concettuale estrema, nonostante una grande produzione di pittura figurativa e astratta. Difficile da inquadrare per l’atipicità del suo linguaggio, ha avuto poche mostre in Europa, nessuna in Italia. A raccontarla per la prima volta al grande pubblico nella sua completezza è la Pinacoteca Agnelli, con la prima monografica italiana: «Lee Lozano. Strike», visibile dall’8 marzo al 23 luglio, curata dalla direttrice Sarah Cosulich, alla quale abbiamo rivolto alcune domande, e dalla capo curatrice Lucrezia Calabrò Visconti.

Lee Lozano è stata una figura rilevante, nota ad artisti e addetti ai lavori, meno in Europa e al grande pubblico. Perché?

Per l’atipicità del suo linguaggio, che cambia spesso in pochi anni. Per il suo autoboicottarsi ed essere contro il sistema dell’arte, che abbandona totalmente nel 1972 con il concettuale «Dropout Piece», la sua ultima opera in assoluto. Quando rifiuti il sistema e scompari, il sistema non ti perdona. Si trasferisce in Texas dove muore nel 1999 senza produrre più nulla, ma in realtà è attiva nella sua ultima opera (il ritiro dal mondo dell’arte).

Perché dedicarle una mostra?

Il suo percorso atipico racconta tantissimi aspetti importanti dell’arte dagli anni ’60 ad oggi; ha influenzato intere generazioni di artisti. S’inserisce nelle mostre del terzo piano della Pinacoteca Agnelli dedicate ai pionieri della contemporaneità, con un approccio iscritto in una storia riconosciuta. Sono importanti anche le tematiche con cui si è confrontata (energia, linguaggio, corpo, questioni di genere), che esprime inizialmente con la pittura figurativa: disegni surrealisti ed espressionisti in cui mette in relazione parti del corpo, soprattutto maschili, con strumenti e attrezzi, martelli, chiodi, viti, seghe, armi, beni di consumo, immagini anche molto esplicite a livello sessuale, con cui guarda ai meccanismi di potere e alla violenza della società, al linguaggio e ai messaggi del consumismo, ai meccanismi produttivi dell’arte, all’opera come prodotto e al modo in cui l’arte maschile è predominante rispetto a quella realizzata da artiste donne. Questi attrezzi ci ricordano inoltre il passato del Lingotto, la connessione con la fabbrica, la produzione, il lavoro.
«No title» (1964) di Lee Lozano, Pinault Collection © The Estate of Lee Lozano. Cortesia di Hauser & Wirth
Come si sviluppa il suo linguaggio?

Incorpora tutte le sperimentazioni degli anni ’60 a New York, anche la Pop art. Nei suoi primi disegni assorbe l’immaginario dei comic book e degli slogan, con un segno molto grafico e pubblicitario, poi passa a tele espressioniste, quasi surrealiste, con una pittura molto fisica e sensuale, per esempio nella serie dei «Tools». Seguono poi tele di grande formato, totalmente astratte e minimaliste, legate alla fisica, al magnetismo, alle leggi matematiche, dapprima con uno stile più geometrico, poi più esoteriche, per esempio la serie «Waves», con onde elettromagnetiche che alludono alla realtà trascendente. Infine abbandona la tela per descrivere le sue azioni su fogli di quaderno, con i «Language Pieces», lavori concettuali in cui il suo essere nel mondo e produrre arte diventa l’opera stessa.

Per esempio?

Con «General Strike Piece» del 1969 boicotta il sistema dell’arte con un’azione di rifiuto e di sciopero dal mondo dell’arte: non va più a visitare mostre, musei e gallerie. È una critica istituzionale al sistema e alle sue dinamiche produttive, che connette la mostra al passato del Lingotto. L’opera anticipa il suo «Dropout Piece», che descrive il suo ritiro definitivo dalla scena dell’arte. Non c’è più separazione fra arte e vita.

Com’è strutturata la mostra?

Raccontiamo l’artista attraverso i suoi principali corpi di lavoro. Una sala è dedicata ai disegni del periodo surrealista-espressionista, una alle tele legate al corpo, segue una serie di disegni in cui il linguaggio degli slogan pubblicitari assume un ruolo sarcastico e critico nei confronti della società, poi i «Tools», gli «Airplanes» (tele e disegni in cui mette in dialogo oggetti volanti con orifizi del corpo umano), infine una sala dedicata alle tele astratte. I «Languages Pieces» sono sia all’inizio del percorso con il «General Strike Pieces», sia nel booklet di approfondimento dell’ultimo periodo del suo lavoro.

È presente nel mercato e nel collezionismo internazionale?

Negli anni Sessanta ambiva a una certa visibilità, ha avuto mostre a New York ben ricevute. È rappresentata dalla Galleria Hauser & Wirth, ha prezzi importanti, anche perché la sua produzione è limitata. È in collezioni rilevanti dal MoMA al Reina Sofía, alla Collezione Pinault.

Com’è nata la collaborazione con la Collezione Pinault?

È stata una bellissima sorpresa. Li abbiamo contattati per chiedere dei prestiti perché posseggono una delle più interessanti collezioni di Lozano in Europa. Il progetto è piaciuto talmente da chiederci di portare la mostra alla Bourse de Commerce a Parigi, dove sarà dal 20 settembre al 12 febbraio 2024.

A meno di un anno dal suo insediamento, un primo bilancio?

Molto positivo: produciamo tutte le nostre mostre e addirittura le esportiamo, abbiamo quasi triplicato il numero di visitatori, anche grazie alla pista e alle progettualità dedicate al contemporaneo, che hanno inserito la Pinacoteca in un contesto più internazionale, insieme alla sua preziosissima collezione di Giovanni e Marella Agnelli di cui continueremo a prenderci cura.

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