Franco Angeli, «un fiore popolare romano»

Un’ottantina di opere dell’artista al WeGil, in un allestimento nato da un’idea del gallerista Aldo Marchetti

«Mario (Ritratto di Mario Schifano)» (1971), di Franco Angeli
Francesca Romana Morelli |  | Roma

Era da molto tempo che non si teneva una retrospettiva di Franco Angeli a Roma, una mostra alla WeGil fino al 26 marzo, rimedia a questa mancanza attraverso un’ottantina di opere, tra cui alcuni dipinti inediti. Curata da Silvia Pegoraro in accordo con l’Archivio Franco Angeli, presieduto dalla figlia dell’artista Maria Angeli, la mostra nasce da un’idea del gallerista romano Aldo Marchetti ed è promossa dalla Regione Lazio.

Nell’introduzione al catalogo, Laura Cherubini si focalizza sulla personalità artistica di Franco Angeli (Roma, 1935-88), così distante, come i suoi compagni di strada, primi fra tutti Mario Schifano e Tano Festa, dai coevi campioni americani della Pop Art e riporta un illuminate passo di Goffredo Parise, fiancheggiatore della neoavanguardia romana: «Ho detto di Franco Angeli che è un fiore popolare romano, un fiore del Belli, e lo stesso devo dire per la sua pittura».

Del resto la mostra si apre con tra quadri straordinari, realizzati tra il 1958 e il 1959, la cui superficie si oscura, vi sono appoggiati altri materiali, in un caso un velo di garza, mostrando così la loro genesi nella ricerca dirompente di Burri. Nel 1960, Angeli è nella collettiva «5 Pittori. Roma 1960», organizzata dalla galleria romana La Salita e presentata da Pierre Restany. Una mostra che è recepita come un cambiamento radicale nel panorama artistico italiano, tanto che nel 1975 Maurizio Fagiolo ancora ne scrive.

La retrospettiva prosegue con alcuni lavori in cui i simboli politici, la svastica nazista, la falce e il martello, una famelica lupa capitolina, il frammento dell’aquila icona dell’America, mostrano un incessante e lucida sensibilità da parte di Angeli per le vicende socio politiche nazionali e internazionali, uno sguardo funzionale a tenere desta l’attenzione sulla «vera-realtà».

La mostra prosegue fino agli anni ottanta, con dipinti in cui compaiono paesaggi con gli aeroplanini giocattolo, ma in qualche modo anche aerei serviti servito all’esercito americano per seminare morte in Vietnam. A conclusione del percorso espositivo, i dipinti con il tema della marionetta, una sorta di autoritratto in un mondo che non svela mai il volto del «burattinaio».

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