L’impronta dell’acqua è di matrice informale

Si dispiega in sei comuni umbri il progetto artistico-scientifico di Roberto Ghezzi che ha coinvolto il Parco regionale del Lago Trasimeno

Una delle installazioni («Naturografie») di Roberto Ghezzi sul lago Trasimeno. Foto: Mara Predicatori
Graziella Melania Geraci |

Fino al 16 aprile «L’impronta dell’acqua», mostra di Roberto Ghezzi a cura di Mara Predicatori, è presentata in sei diversi spazi di altrettanti comuni umbri, in provincia di Perugia: al Palazzo della Corgna di Castione Del Lago, per la restituzione di tutto il progetto, a Corciano, a Magione, a Passignano, a Tuoro e infine nella chiesa di San Sebastiano a Panicale dove i trittici dell’artista dialogano con i capolavori del Perugino e di Raffaello.

I lavori esposti sono i risultati di un’azione artistico-scientifica, promossa dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente-Arpa Umbria, portata avanti secondo la pratica tipica dell’artista, la stessa che lo vede realizzare installazioni e ricerche anche in parchi e riserve naturali legando il proprio lavoro a studi sull’ecosistema e sulla biologia. Ghezzi colloca le tele in spazi che ne tracciano le superfici per un effetto successivamente elaborato dall’artista, nascono così le sue «Naturografie», opere frutto del dialogo con la natura.

Per «L’impronta dell’acqua» tessuti pretrattati sono stati installati in luoghi rappresentativi dei diversi habitat del Parco regionale del lago Trasimeno, immersi nell’acqua per alcuni mesi quali matrici dell’ambiente. L’interazione prolungata con acqua, aria e terra ha creato una mappatura dei microrganismi presenti in loco, restituendo una lettura delle peculiarità ambientali ed ecologiche del lago. I materiali sono stati successivamente oggetto di una fase di studio ecologico e biologico al microscopio da parte di Arpa e di una trasformazione dei tessuti in opere adatte per le 6 mostre.

«L’opera di Ghezzi si inquadra nella millenaria riflessione sulla rappresentazione del reale e sulla trasfigurazione che porta con sé, afferma la curatrice. Le tele sono infatti mimetiche rispetto alla realtà che raffigurano (è la natura stessa che lascia la propria materia sulla tela), ma allo stesso tempo l’immagine non è giammai realistica rispetto al reale ma ne è un rimando simbolico. Nell’alchemica collaborazione tra artista e natura risiede il mistero di queste opere, più paesaggio dei paesaggi, eppure di matrice astratta-informale».

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