Piccole storie dal Medioevo | Pidocchi

Per quanto ironicamente trasfigurati da Anton Maria Narducci in «fiere d’avorio erranti in un bosco d’oro» e «natio tesoro» di gemme che l’amata scuote dall’aureo «bel crin», essi erano (e sono) molto fastidiosi, ma anche piuttosto democratici

«Semiramide (Etiope)», da «Nove prodi e nove eroine» (1420 ca), Manta (Cn), Castello della Manta
Virtus Zallot |

«Piccole storie dal Medioevo» è un ciclo di brevi saggi dedicati a temi di un Medioevo «minore» indagato attraverso fonti agiografiche, letterarie e iconografiche. Ne emerge un mondo in cui realtà e immaginario, sacro e profano, consueto e straordinario, dramma e leggerezza si integrano non senza ironia e con ingenuità solo apparente, a veicolare contenuti e insegnamenti mai superficiali: un Medioevo inaspettato e affascinante.


Su un piccolo pettine d’avorio rinvenuto nel 2017 a Lachish, in Israele, è incisa una frase che recita: «Possa questo pettine debellare i pidocchi dai capelli e dalla barba». L’oggetto è databile al 1700 a.C. e la scritta è la più antica rinvenuta in lingua cananea. Il pettine ha doppia fila di denti: nell’una radi per districare e acconciare i capelli, nell’altra più fitti per estrarne i pidocchi con le loro uova. Tale tipologia è confermata nei tre millenni successivi e oltre, permanendo il problema degli ospiti indesiderati che, ciclicamente, continuano ad affliggere anche le teste dei bambini delle nostre scuole.

Per quanto ironicamente trasfigurati da Anton Maria Narducci in «fiere d’avorio erranti in un bosco d’oro» e «natio tesoro» di gemme che l’amata scuote dall’aureo «bel crin», essi erano (e sono) molto fastidiosi, ma anche piuttosto democratici. Da sempre non disdegnano infatti le teste di rango, come testimoniano i preziosi e costosissimi pettini d’avorio a doppia fila di denti e finemente decorati conservati in alcuni musei. Anche quando di rappresentanza, essi sublimavano quelli banalmente in uso, offrendo talora alle donne scene galanti o edificanti. Il pettine trecentesco al Museo di Palazzo Madama a Torino, per esempio, racconta gli incontri di una coppia, mentre quello di fine Quattrocento al Bargello di Firenze illustra la storia della casta Susanna.
Pettine d’avorio con scene galanti, 1360-1380, Torino, Museo di Palazzo Madama
Il pettine doppio è documentato anche in figura, come nella sequenza dei «Nove prodi e nove eroine» affrescata intorno al 1420 nel salone del castello della Manta. La bella Semiramide (per errore denominata Etiope) è colta appunto mentre si pettina. Del tutto inadeguata a un consesso pubblico e cortese, l’occupazione trova ragione nell’episodio che anche Giovanni Boccaccio racconta nel suo Delle donne illustri. Informata dell’insurrezione di Babilonia mentre «disciolti i capelli, e faccendosegli ridurre in trecce, ne anche più che la metà, se gli haveva fatti legare», la regina prese le armi senza neppure finire di acconciarli; solo dopo aver sconfitto i ribelli «compose insieme i disordinati suoi capelli, a lei, per la fretta dell’ira, così disciolti, e intricati rimasti».
L’acconciatura per metà inconclusa diventò per questo suo attributo iconografico; qui Semiramide è colta mentre ancora si pettina, senza tuttavia rinunciare alla corona che la designa come regina e, per esigenze contestuali, da sola nonostante il rango.
«Inferno», particolare dal «Giudizio Universale», 1446, Albenga, Chiesa di San Giorgio
Usa un bel pettine a doppia fila di denti e si ammira compiaciuta allo specchio la «Grande prostituta» nell’Arazzo dell’Apocalisse di Angers (1373-1380) Nell’«Inferno» in San Giorgio ad Albenga lo impugna l’orrido diavolo che eternamente pettina la povera Lussuria, condannata ad ammirarsi nello specchio che un altro diavolo le impone. Spontanea e sorridente, se ne serve la donna che, in una delle scene nel salone del Palazzo della Ragione di Padova ridipinte dopo l’incendio del 1420, pare essersi appena lavata i capelli. Il significato della sua occupazione sfugge: l’annotazione realistica non sembra bastare a giustificarne il rilievo, considerando il complesso ingranaggio astrologico e iconografico della sala.

Nello stesso ciclo un uomo seduto spidocchia (o forse accoglie nel gesto del perdono) un compagno, nell’umile servizio attribuito anche ad alcuni santi. La scena ricorre nella pittura di genere dei secoli successivi; Arthur Rimbaud dedicò alle cercatrici di pidocchi una poesia mentre François Rabelais, in Gargantua e Pantagruele, immaginò Semiramide all’inferno mentre spidocchia la chioma di uno straccione, episodio illustrato da Gustave Doré.

Sappiano dunque i genitori dei bambini con la testa infestata dai pidocchi che i loro figli partecipano di una lunga storia. Dopotutto, se li può consolare, sono «fiere d’avorio erranti in un bosco», non importa se non d’oro.
«Semiramide spidocchia uno straccione» (1854) di Gustave Doré, da Gargantua e Pantagruele di François Rabelais
Piccole Storie dal Medioevo
di Virtus Zallot
1. Donne che allattano
2. Le gambe della regina di Saba
3. Madri distratte
4. Piedi di cui diffidare
5. Un marsupio per Maria
6. Messi in piega
7. Pidocchi
8. Rasta
9. Uomini e bionde

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