L’occhio su Arte Fiera 2023

Reportage in aggiornamento dagli stand bolognesi

«Rescue» performance di Public Movement, in collaborazioen con Fondazione Furla Una veduta tra gli stand di Arte Fiera
Valeria Tassinari, Stefano Luppi, Rischa Paterlini |  | Bologna

GIORNO 4 | 50.000 visitatori nel Paese con il più alto numero di collezionisti d’Europa
di Valeria Tassinari

Oggi Bologna si è svegliata più tardi, dopo l’intenso tour cittadino dell’Art White Night che ieri sera ha animato il centro e la periferia con innumerevoli eventi tra musei, gallerie, lussuosi palazzi privati e spazi non convenzionali, una girandola entusiasta e curiosa di pubblico eterogeneo e attento.

Code per le mostre in diversi luoghi privati, per le installazioni nelle chiese, nella sede di Teatri di Vita per le opere viventi «Have a Good day!» del collettivo lituano Neon Realism, per gli eventi di ex studenti e studenti dell’Accademia di Belle Arti, tra cui anche un’originale sfilata di moda sotto lo splendido soffitto astronomico cinquecentesco di Palazzo Fava Marescotti (a cura di Elisabetta Zanelli).

E naturalmente lunghe code per l’apertura gratuita del MAMbo con «Atlantide 2017-23», personale del video artista e regista italiano Yuri Ancarani, curata da Lorenzo Balbi, direttore del muse e, per il sesto anno, curatore del main program di iniziative collaterali della fiera, cui si aggiungono spontaneamente tantissime proposte indipendenti di qualità, con le quali il capoluogo emiliano ha saputo dar prova della sua vitalità nel campo dell’arte.

Una sorta di «festivalizzazione» della città, così la definisce Elena di Gioia, delegata del sindaco alla Cultura: la «festa mobile delle arti» è davvero impossibile da riassumere. Tra le esperienze immersive più apprezzate dal pubblico l’installazione site-specific dell’artista spagnolo Gonzalo Borondo intitolata «Settimo Giorno» allestita nell’Ex-chiesa di San Mattia (organizzata da Magma Gallery): più di sessanta video ambientati nelle cappelle per una narrazione ispirata al mito della creazione della Genesi, con sottofondo di poesie di Ángela Segovia e sonorizzazioni di Irene Galindo Quero, mistica e suggestiva.

Oggi, però, di nuovo tutti ad Arte Fiera, con il pubblico che tradizionalmente la domenica arriva da fuori, perché a Bologna si arriva dal sud e dal nord, persino dal Mediterraneo e dall’Europa continentale con grande facilità, e questo è indubbiamente uno dei suoi punti di forza. Bene le vendite fino di opere con prezzi fino a 100.000 euro, lente quelle di opere con cifre più importanti,questo il responso di molti galleristi. Quest’anno i visitatori sono stati 50mila, in linea con l’aspettativa di tornare ai livelli di affluenza delle edizioni pre-covid. «La fiera di Bologna è importante perché l’Italia ha il più alto numero di collezionisti d’Europa e una sicura capacità di attrazione che va intercettata bene», diceva fin dal primo giorno Primo Marella nel suo stand, sempre interculturale grazie a opere di grande formato di artisti emergenti provenienti dall’Asia e dall’Africa, quest’anno il gallerista milanese rende anche omaggio al maestro 94enne dell’arte analitica Elio Marchegiani, con una raffinata sezione monografica di lavori di medio formato (da 15.000-20.000 euro).

Lasciamo la fiera con qualche immagine che ci ha colpito per l’impatto dei formati, un aspetto che, in un momento in cui si vende tanto anche on line ci ricorda come solo la visione diretta dell’opera possa restituire in pieno certe sensazioni: nella piccola scala, un angolo da sogno, quasi il paradigma per la stanza di un collezionista ideale da Repetto, che ha saputo mettere in dialogo tra bianco e nero opere «classiche» di Fontana, Leoncillo, Capogrossi con una «Kore» esile e delicatissima di Fausto Melotti; nella grande scala, il tuffo nel blu inaspettato di un grande quadro a tecnica mista di Marco Bagnoli da Giorgio Persano (250.000 euro).

Infine, in attesa che le valutazioni a consuntivo del curatore artistico Simone Menegoi e del manager Enea Righi inneschino il gioco delle intenzioni per la prossima edizione, un ultimo sguardo a un’opera che probabilmente tutti hanno voluto fotografare: il lungo tavolo apparecchiato di vetri infranti intitolato «Fràgil» dell’artista catalano Joan Crous, un’installazione un po’ magica di sei pezzi in fusione di vetro, in un allestimento pensato da Michele De Lucchi per lo spazio non profit Do ut do dell’Associazione Amici della Fondazione Hospice, che promuove iniziative culturali con lo scopo di raccogliere fondi a favore della Fondazione Hospice Seràgnoli Onlus. Ogni due anni Do ut do propone eventi dedicati all’arte, al design e alle eccellenze della cultura coinvolgendo artisti, gallerie, istituzioni, imprese, collezionisti, e proprio da Arte Fiera ha voluto lanciare il tema della fragilità come linea guida delle sue prossime iniziative. Bologna è anche questo.

GIORNO 3
Una fiera ben strutturata con buone vendite a prezzi medio-bassi
di Valeria Tassinari

Macerie di cemento armato invadono l’ingresso del padiglione: la causa del crollo del grande edificio contemporaneo ci è ignota. Il cumulo è grigio, polveroso e non è solo un’installazione, ma la scena iperrealista su cui ogni giorno, a orario stabilito, si muovono cinque giovani vestiti di bianco, cinque corpi che agiscono con precisione ripetendo movimenti appresi dagli addetti alle operazioni di soccorso in Israele e in Europa. Fa effetto vedere che tra il pubblico che assiste c’è chi mangia i tortellini take away, ma del resto l’arte non è la vita, almeno qui, per fortuna, e la performance «Rescue» è solo un intervento estetico di Public Movement, collettivo artistico israeliano, selezionato dalla curatrice Bruna Roccasalva, direttrice artistica della Fondazione Furla, che quest’anno è partner di Arte Fiera nel riprendere la tradizione delle azioni dal vivo a Bologna. Tradizione identitaria, quella delle arti performative, cui rende omaggio la Galleria Richard Saltoun con grandi foto vintage della celebre azione «Imponderabilia» di Marina Abramovic e Ulay, una delle performance più iconiche della storia, che si tenne proprio qui in città nel 1977.

La fotografia, moderatamente diffusa tra gli stand in tutte le sezioni, ha anche un’area dedicata, non molto estesa, ma di qualità, da quest’anno curata da Giangavino Pazzola di Camera - Centro Italiano per la Fotografia di Torino. Tra le gallerie specializzate molto apprezzata la proposta di Paci Gallery, che ha allestito una vera e propria mostra dal titolo «America ’70» con opere di Leslie Krims, Ralph Gibson, Arthur Tress, Duane Michals e Jerry N. Uelsmann, cinque dei grandi fotografi selezionati da John Szarkowski del MoMa di New York nella sua famosa lista «The last photographic heroes» (prezzi da 2.000 euro).

Se qui c’è indubbiamente la storia, tra i più giovani si è notato Daniele Di Girolamo (classe 1995) con uno stand monografico site specific alla Galleria Traffic dove ha esposto quattro fotografie di figure umane che svaporano (opere del 2023), in memoria dello slogan «Be Water!», che aveva sentito gridare durante gli scontri di Hong Kong del 2019.

A quanto pare questa fiera sta guardando con molta attenzione giovani con range di prezzi ancora contenuti e possibilità di crescita veloce. Ce lo conferma Fabrizio Padovani di P420, portavoce della soddisfazione delle gallerie bolognesi per questa edizione della fiera ben strutturata e molto affollata, che sottolinea il successo immediato delle opere pittoriche e delle ceramiche della giovane artista cinese Shafei Xia (6.000-7.500 euro).

Forse è questo il primo risultato evidente di una fiera che si è rinnovata solo in parte, recuperando il suo tradizionale pubblico «generalista» italiano, ma ancora in carenza di potenti compratori istituzionali o di collezionisti internazionali disposti ad affrontare pezzi storici e contemporanei di grande impegno, come ad esempio il grande lavoro con le copertine disegnate di Alighiero Boetti del 1987 proposto a oltre 5 milioni di euro da Tornabuoni, o i pezzi di Burri e Fontana da 1 milione di euro, che si trovano negli stand delle gallerie più storicizzate.

Ce lo conferma Alessia Calarota, direttrice di Galleria Maggiore G.A.M., galleria bolognese con lunga esperienza di fiere internazionali, che è appena rientrata da quella di Ginevra, dove ha molto apprezzato organizzazione e selezione, mentre a Bologna, pur apprezzando il miglioramento di questa edizione rispetto al passato, nota come la divisione in due diversi padiglioni tra moderno e contemporaneo appaia ormai anacronistica, considerando che le gallerie oggi tendono a trattare sia pezzi storici sia artisti emergenti. Nel suo stand diversi lavori in ceramica, come una bella testa di Louise Nevelson (42.000 euro), due Veneri di Arman a grandezza naturale (20.000 euro) e due opere in ceramica e filati di Sissi (8.500 -10.000 euro).

A sostegno di artisti e gallerie, nell’ottica di incentivare la ricerca e la sperimentazione, e dare il buon esempio ai collezionisti, oggi è stato anche il giorno dell’assegnazione dei premi acquisto da parte di nurtite giurie di esperti: Premio Collezione Righi a Massimo Grimaldi, Premio Colophon Arte a Elena Mazzi, Premio Lexus-Gruppo Morini a Andrea Respino, Premio Osvaldo Licini by Fainplast a Lorenza Boisi, Premio Rotary alla Galleria Ncontemporary per la monografica di Cristiano Tassinari, Premio Spada a Flavio Favelli e infine per la fotografia Premio The Collectors Chain by Art Defender all’artista di origine araba Maha Malluh, che ha riproposto la tecnica del Rayograph cara alle avanguardie, per catturare oggetti di luce eterei e famigliari.

GIORNO 2
| Tra prudenza e prime vendite
di Valeria Tassinari

L’immagine dell’acqua alta che sale e scende a Venezia, alternata a scene in cui i venditori asciugano con pazienza i più classici souvenir-paccottiglia per turisti prima di rimetterli in vendita, è proiettata in loop sul mega schermo di 5x9 metri rivolto verso la piazza della Costituzione, storico punto di ingresso alla fiera. Evocativo frammento del progetto «Atlantide» di Yuri Ancarani, video scelto per la prima edizione della Led Wall Commission#1 di Arte Fiera, accoglie come una sorta di metafora perturbante il flusso continuo di visitatori in entrata, ma pochi si fermano al freddo a guardarlo per i quasi quattro minuti di durata, e così la sua imponente presenza giova soprattutto il ruolo di testa di un simbolico ponte teso tra la fiera e il MAMbo, il Museo d’Arte Moderna di Bologna, dove è allestita una personale del videomaker, a rimarcare la stretta sinergia con il contesto culturale cittadino.

Mentre già da giorni la città scoppietta di innumerevoli eventi per intercettare e incrementare il pubblico dell’arte nazionale e internazionale, che in questi giorni vi confluisce senza sosta, all’interno dei padiglioni ha trascorso la sua prima notte d’azione solitaria l’altra grande opera commissionata dall’organizzazione della fiera, e già destinata a entrare nella collezione del MAMbo.

«Che cosa succede nelle stanze quando le persone se ne vanno?», attualizzazione site-specific di un progetto ideato dall’artista Alberto Garutti a Bologna nel 1999 è un’installazione costituita da arredi comuni rivestiti da vernice fosforescente, diffusi nei padiglioni dove quasi non si notano diventano visibili solo a luci spente, dunque quando tutti se ne vanno, perché come sottolinea l’autore «nella tensione immateriale si svela la natura del lavoro: l’opera si realizza solo nell’incontro con lo spettatore, a cui si chiede uno sforzo nel cercarla».

Spettatori attivi e in azione in effetti se ne vedono tanti, tra i padiglioni e lungo i percorsi trasversali della fiera, ma anche nella ritrovata sezione Multipli (nelle ultime edizioni era stata eliminata), curata da Lisa Andreani e Simona Squadrito con l’obiettivo di «dare forma a un collezionismo democratico e inclusivo», con molte proposte di arte moltiplicata, libri d’artista, stampe, manufatti anche rari e unici, di artisti storicizzati o giovani, con prezzi anche molto contenuti (con 10 euro si può già trovare qualcosa) e dunque utili a perseguire l’idea di arte per tutti, riemersa dalla memoria degli anni Sessanta ma quanto mai attuale se potrà restituire importanza alle tradizioni artigianali dell’editoria e della stamperia d’arte, ormai a rischio di estinzione.
«We Rise by Lifting Others» (2022) di Marinella Senatore Courtesy Mazzoleni, Londra, Torino
Tutt’altre quotazioni tra i padiglioni nella Main Section, che rivelano sguardo fluido e scelte oculate, in gran parte prudenti, poca tecnologia e molte opere di medio formato, tra grandi classici e ritorni di attenzione, con allestimenti tematici che giocano spesso sull’idea aperta di «dialogo», sempre utile come parola chiave per allestimenti in cui trovano ampio spazio anche opere apertamente piacevoli e decorative. Punta sulla più classica selezione dei maestri italiani del dopoguerra tra i quali Burri, Fontana, Castellani, Accardi il giovane gallerista belga Edouard Simoens di Knokke (per la prima volta a Bologna), contento dell’interesse e delle vendite, favorite da una selezione di opere di dimensioni contenute e prezzi interessanti (tra 30mila e 200mila euro).

Ma tra i veterani della fiera non manca qualche pezzo più impegnativo, da grande collezione, magari museale. Da Mazzoleni, ad esempio, in un ampio stand che mette in relazione Forme e Linguaggi si gioca sulle libere assonanze tra i grandi maestri del secondo dopoguerra italiano e le più recenti produzioni contemporanee, dove spiccano quadri di Casorati e de Chirico degli anni Trenta (1.100.000 euro per gli «Archeologi»), un grande pezzo di Bonalumi in ciré estroflesso rosso-arancio (tra 300mila e 350mila euro), e sono ben rappresentati anche lo scultore Salvatore Astore, Marinella Senatore (55mila euro una delle sue scritture luminose più recenti), Andrea Francolino (i cui rilievi variano da 14mila a 30mila).

Sottile ma di impatto il dialogo a due tra Fausto Melotti e il trentenne Ismaele Nones, proposto in collaborazione tra le gallerie Niccoli e Lunetta11, in uno stand sospeso in una metafisica atmosfera grazie alle pareti verde salvia dello sfondo, dove trovano respiro armonico l’oro delicato melottiano e i colori neobizantini di Nones (le sue tavole dipinte, già quasi tutte vendute, variano in base al formato tra 2.500 e 15mila euro).

Bene le prime vendite anche per chi ha scelto la formula della monografica, come la Galleria Giraldi di Livorno che ha puntato tutto su un maestro della pittura analitica come Pino Pinelli, in uno stand che è una immersione nella forma-materia-colore della sua ricerca, proposta attraverso un’ampia selezione di opere dagli anni Settanta a oggi (prezzi da 6mila a 50mila euro).

GIORNO 1
| L’apertura
di Valeria Tassinari

Se il buon giorno si vede dal mattino, sulla 46ma Arte Fiera si è già accesa una bella energia. Nel giorno di apertura per stampa e collezionisti, fissato (sarà una coincidenza) proprio il 2 febbraio, il giorno della Candelora, la festa della luce che torna, splende un sole abbastanza insolito per l’inverno bolognese. E decisamente positivo appare il sentire generale, partendo da una conferenza stampa affollata, accolta dalla forma sinuosa dell’installazione «Connecting Green Hub», progettata da MCA-Mario Cucinella Architects per il centro servizi multifunzionale: legno naturale e piante vive, profilo dinamico pensato per mettere sguardi e persone in connessione.
«Los Machos» (1985)  di Daniel Spoerri Courtesy: Galleria Gaburro, Verona-Milano
Alla stretta connessione tra la città e la sua fiera più amata pensa Elena Di Gioia, delegata dal sindaco per la Cultura e la Città Metropolitana, che ringrazia «per la sinergia che in questa occasione si crea tra tutti coloro che gravitano intorno all’arte e alla cultura», grazie all’attivazione di eventi e un coinvolgimento molto ampio, che contribuisce a fare di Bologna un centro importante a livello internazionale, nazionale e per la comunità locale. Un carattere «inclusivo e democratico» che il direttore artistico Simone Menegoi ricorda essere stato prioritario nelle intenzioni curatoriali e nell’effettivo coinvolgimento di un notevole numero di associazioni, partner culturali, sponsor e collaboratori, che insieme ai 141 espositori danno vita a quella che lui stesso definisce «l’edizione del rilancio, della riscossa e della svolta», per lasciarsi definitivamente alle spalle la deludente e complessa edizione primaverile del 2022, gravata da problemi tecnici e da uno slittamento di calendario non certo favorevole.

Adesso si cambia stile, partendo però da un ritorno alle origini per il periodo di svolgimento, quello tradizionale per la fiera bolognese, e per la scelta dei padiglioni, i «classici» 25 e 26, ai quali visitatori e galleristi sono da sempre abituati, presentati ora in un allestimento impeccabile. Nuova invece, la concretezza di Enea Righi, collezionista ma qui soprattutto managing director (figura totalmente inconsueta nel panorama delle fiere d’arte internazionali), che ricorda che «per cambiare bisogna investire».
Opere di Umberto Cavenago nello stand della Galleria Rino Costa, Valenza
Tra i padiglioni tutti riconoscono che quest’annol’ente Bologna Fiere ha capito l’esigenza di cambiare registro nell’organizzazione e nello stile ad esempio con un significativo impegno nella comunicazione e nel numero dei collezionisti invitati, adesso di tratta solo di attendere tre giorni per una valutazione concreta. Perché come lo stesso Righi sottolinea, citando Totò, «è la somma che fa il totale e le somme si tireranno domenica sera». Volti noti di gente che compra se ne sono visti, a partire da Patrizia Sandretto Rebaudengo, che tutti riconoscono al passaggio, e altri che i galleristi per ora si tengono gelosamente cari.

Intanto si può guardare al primo impatto, che già rivela una selezione di gallerie articolata, con presenze a grande prevalenza italiana, elemento identitario di Arte Fiera, in parte abituali ma in parte anche nuove. Stand in generale allestiti con cura, con dimensioni che sottolineano il livello degli espositori, ma prevalentemente ariosi e ben leggibili, sia nella Main Section, che spazia dall’arte moderna al periodo post-bellico, sia nella sezione Pittura XXI, anche quest’anno curata da Davide Ferri, una panoramica molto ampia delle poetiche e delle ricerche sul colore, si potrebbe dire senza esclusioni, ma forse senza grandi sorprese.

Suscita interesse diffuso il Percorso#1, itinerario trasversale dedicato alla ceramica sostenuto da Mutina, importante azienda del settore, che consente di trovare declinazioni di questa tecnica con opere di qualità in quasi tutti gli stand, partendo dai grandi classici, come i rilievi di Lucio Fontana, fino alle opere oggettuali dei più giovani, fino a unostand interamente dedicato da MLB Gallery, che espone una monografica di Bertozzi e Casoni dominata da una illusionistica baracca site-specific in ceramica nella quale entrare per un momento di riflessione.

Tra gli stand monografici che si richiamano a tecniche di grande sapienza artigianale, una decorazione rigorosa e luminosa impronta l’installazione di Chiara Dynys «I Camini delle fate» nello stand di WEM Gallery, riedizione di un lavoro presentato nel 2021 alla Collezione Panza di Varese, composta da elementi in vetro di Murano retro illuminati e foglia d’oro zecchino di diversi formati e colori (in vendita singolarmente con prezzi intorno a 8.000 euro).

Chiudiamo questa prima «visitor experience», così la definiscono i curatori, con un assaggio di cibo: non i celebrati manicaretti dello chef Massimiliano Poggi per la Vip Lounge, ma le tavole di Daniel Spoerri, autore che troviamo presso diversi espositori, che in qualche caso lo hanno subito venduto. Due bei pezzi si possono trovare nello stand della Galleria Gaburro, uno storico «Faux Tableau-Piège», con stoviglie in ceramica (35.000 euro), e un meno consueto Le Trésor despaures «Los Machos», assemblaggio su tappeto con immagine dell’Ultima Cena (opera del 1985, proposta a 35.000 euro).
«La Cabiria» (1965-70), dalla serie «I travestiti» di Lisetta Carmi © Lisetta Carmi - Martini & Ronchetti
PARTE SECONDA |
Più fotografi e più fotografie ad Arte Fiera
di Rischa Paterlini

Dal 3 al 5 febbraio la 46ma edizione di Arte Fiera torna sotto la direzione artistica, per il quarto anno consecutivo, di Simone Menegoi, coinvolgendo il collezionista Enea Righi nel ruolo di managing director e Giangavino Pazzola, già curatore di Camera Centro Italiano per la Fotografia a Torino, quale nuovo curatore di «Fotografia e immagini in movimento», «sezione che vedrà lo svilupparsi di due percorsi che si parlano e si guardano: non solo fotografia di carattere storico, ma anche in un’accezione più espansa che include video, esperienze tridimensionali e autori più contemporanei», racconta il curatore.

Un’occasione per rivedere gli scatti della genovese Lisetta Carmi, presentati dalla Galleria Martini & Ronchetti di Genova a fianco di quelli dell’avanguardista Florence Henri (nella foto, «Femme aux cartes 1930», 1977), o ancora, immergersi nell’America degli anni ’70 con lavori di Leslie Krims, Arthur Tress e Ralph Gibson alla Galleria Paci, e scoprireuna fotografia che esce dal solco della rappresentazione del reale per andare verso caratteri più immaginifici. Per gli amanti della fotografia più contemporanea segnaliamo la presenza delle opere della giovane Silvia Bigi, fresca del premio Fabbri, o ancora, nello stand Podbielski Contemporary Gallery, le opere di Nicola Lo Calzo, artista italiano di base a Parigi che lavora sul tema della decolonizzazione, in dialogo con quelle di Giulia Parlato (vincitrice del Premio Luigi Ghirri 2022) che con i suoi lavori invita lo spettatore in un mondo in cui il reale e il falso si sovrappongono.

Molto atteso il «Premio alla fotografia» (lo scorso anno conferito all’opera «Old Studio, Sprezzatura III» di Noé Sendas) voluto dalla società Art Defender, con una giuria di soli collezionisti guidati da Walter Guadagnini, che «oltre a rappresentare un sostegno al comparto della fotografia, racconta Alessandro Guerrini, amministratore delegato della società, costituisce il presupposto per la costruzione di una nostra corporate collection». «Sono felice di questa conferma, racconta Giangavino Pazzola, è importante che i premi guardino anche alla fotografia, tessere relazioni utili a incentivare l’internazionalizzazione del collezionismo fotografico e creare reti per far in modo che anche i nostri artisti vengano conosciuti all’estero».
Una veduta della scorsa edizione di Arte Fiera
PARTE PRIMA | L’anticipazione: Menegoi presenta questa edizione della fiera
141 gallerie, 4 sezioni e nuove commissioni per la direzione di Simone Menegoi, ora in tandem con Righi
di Stefano Luppi

Simone Menegoi, dal 2018 direttore artistico di Arte Fiera, presenta la 46ma edizione che dal 3 al 5 febbraio torna nei suoi storici Padiglioni 25 e 26. «Arte Fiera ha una storia importante che la rende una manifestazione amata dal pubblico e dai collezionisti, che sanno di poter contare su una selezione d’arte italiana del XX e XXI secolo con opere iconiche e scoperte sorprendenti, talvolta a prezzi competitivi. I galleristi sanno che intercetteranno un collezionismo affezionato che non sempre si incontra in altre fiere».

Rilanciato il dialogo con Angamc, l’Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, con la quale i responsabili di Arte Fiera hanno creato un tavolo di confronto permanente. E così le principali gallerie italiane ci sono (quasi) tutte, da Biasutti&Biasutti, Bonelli e Cardelli&Fontana a Cinquantasei, De’ Foscherari, Studio G7 e Mazzoli a Galleria d’Arte Maggiore g.a.m., Mazzoleni, Niccoli, Continua e Persano oltre a P420, Repetto, Torbandena e Jannone; in totale 160 espositori, di cui 141 gallerie da tutta Italia e anche dall’esterodislocate in 4 sezioni, a cominciare dalla Main section, che spazia dal Moderno e al Post War.

Nella sezione principale, con qualche incursione nelle sezioni curate, debutta «Percorso#1», un filo conduttore nell’arte del ’900, soprattutto italiana, attraverso le ricerche sulla ceramica, con la collaborazione di Mutina Ceramiche di Fiorano (Mo). Altra novità la neonata sezione «Multipli», curata da Lisa Andreani e Simona Squadrito con opere realizzate in più edizioni. Spazio poi alla consolidata «Pittura XXI», panoramica sulla pittura italiana e internazionale dell’ultimo ventennio, a cura di Davide Ferri. E infine, «Fotografia e immagini in movimento», perlustrazione interdisciplinare del medium fotografico a cura di Giangavino Pazzola.
Degne di nota anche le funzioni «accessorie»: il Centro Servizi, area che accoglie i visitatori, all’ingresso dei padiglioni, è opera di MCA-Mario Cucinella Architects, mentre il food nell’area vip è affidato allo chef Massimiliano Poggi. Simone Menegoi ha voluto infatti coinvolgere il collezionista Enea Righi in qualità di managing director (direttore operativo); per sé ha invece riservato la funzione di direttore artistico, con il compito di definire la struttura commerciale della fiera e i contenuti del programma collaterale. «Righi concentrerà i suoi sforzi sulla “visitor experience”, un insieme di fattori che va dall’architettura che accoglie la manifestazione all’allestimento degli spazi comuni, dalla ristorazione alla facilità di accesso ai padiglioni, alla possibilità di pause relax durante la visita».

Non un vero e proprio tandem, perché il numero uno continua a essere Menegoi, ma certamente un binomio professionale che «spingerà» l’appuntamento nella giusta direzione. Menegoi ricorda infine il festival dell’arte ART CITY che da undici edizioni affianca la manifestazione: «Arte Fiera ha un legame storico con la performance, ambito che ha avvicinato me e Lorenzo Balbi, direttore del MAMbo, nel declinare il programma di ART CITY, in gran parte finanziato da Arte Fiera». Anche Righi esprime i suoi auspici: «Credo che Arte Fiera si riconfermerà per quello che è: la prima grande fiera italiana di arte italiana, ma anche quella che ha nel suo Dna la tutela delle gallerie italiane e della loro offerta artistica che non deve essere necessariamente solo italiana. Il mio contributo da collezionista che frequenta contesti nazionali e internazionali è legato alla sensibilità nei confronti di uno spazio accogliente per le decine di migliaia di visitatori».

I visitatori troveranno anche «Opus novum», commissione di un’opera inedita per gli spazi della fiera, quest’anno assegnata ad Alberto Garutti (Galbiate, 1948), che a Bologna ha insegnato Pittura all’Accademia di Belle Arti. All’ingresso in piazza Costituzione un megaschermo ospiterà inoltre la prima Led Wall Commission: un video di Yuri Ancarani, artista in mostra al MAMbo. Di rilievo infine la collaborazione con Fondazione Furla (a cura di Bruna Roccasalva) e le conversazioni sui libri d’arte «Book Talk» (a cura di Guendalina Piselli).

© Riproduzione riservata Visione d’insieme Fausto Melotti e Ismaele Nones , Gallerie Niccoli e Lunetta 11