Le vite da migranti degli ebrei della «Scuola di Parigi»

Allo Jüdisches Museum 120 opere di autori celebri e meno noti, con documenti d’epoca (foto, giornali e film) che contribuiscono a definire la vivace diversità ebraico-europea nella capitale francese

«Vista del Pont Marie (sulla Senna di Parigi)» (1910), di Rudolf Levy. Duisburg, Lehmbruck Museum. Foto: Bernd Kirtz. «Paris Magnétique. 1905-1940». JMB
Francesca Petretto |  | Berlino

Pensata come continuazione ideale e al contempo integrazione della parigina «Chagall, Modigliani, Soutine... Paris pour école, 1905-1940» (giugno-ottobre 2021) al mahJ-Musée d’Art et d’Histoire du Judaïsme, questa «Paris Magnétique. 1905-1940» allo Jüdisches Museum di Berlino (aperta fino al primo maggio) è la prima grande mostra in Germania dedicata agli artisti ebrei della cosiddetta «Scuola di Parigi» e un omaggio struggente a chi, ebrea/o della diaspora della prima metà del Novecento, proveniente dalle principali città europee e dall’Impero russo in cerca di emancipazione artistica, sociale e religiosa, elesse la Ville Lumière a propria nuova patria.

Non erano una «scuola» nel senso letterale del termine, poiché non avevano uno stile comune, ma condividevano una storia, un ideale e, per alcune/i tra loro, un medesimo destino, in fuga dai pogrom o alla ricerca di un contesto libero e moderno. Con circa 120 opere, tra dipinti, sculture e disegni, organizzate in un percorso espositivo suddiviso in 10 capitoli, la rassegna ne ripercorre anzitutto le vite di migranti spesso emarginati tuttavia capaci di plasmare, nell’ambito dell’Avanguardia parigina, l’odierna concezione occidentale dell’arte moderna.

Ai grandi nomi di Marc Chagall, Sonia Delaunay, Otto Freundlich, Jacques Lipchitz, Amedeo Modigliani, Chana Orloff, Jules Pascin, Chaïm Soutine, per citare solo i più celebri di uno strepitoso catalogo, s’affiancano quelli di artiste/i meno noti ma non meno affascinanti, come Walter Bondy, Henri Epstein, Adolphe Feder, Alice Halicka e molti altri ancora. A corollario delle loro opere e biografie vengono anche mostrati documenti d’epoca (foto, giornali e film) che contribuiscono a dare un’impressione della vivace diversità ebraico-europea nella capitale francese di quegli anni.

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