Altre «case» fotografiche a Londra

Non lontano dalla storica Photographers’ Gallery, diretta dalla nuova direttrice Shoair Mavlian, apre il Centre for British Photography dei collezionisti James e Claire Hyman

I coniugi James e Claire Hyman del Centre for British Photography, la sede di Photographers’ Gallery (© Luke - Hayes), la sua nuova direttrice Shoair Mavlian (sopra) e la vicedirettrice del Centre for British Photography Tracy Marshall Grant (sotto)
Rica Cerbarano |  | Londra

Nella capitale britannica il 2023 comincia con due grandi novità: la storica Photographers’ Gallery dà il benvenuto alla nuova direttrice Shoair Mavlian, dal 2018 a capo della piattaforma internazionale Photoworks, mentre a meno di 2 km di distanza si accinge ad aprire il nuovissimo Centre for British Photography, un edificio di tre piani dedicato interamente alla fotografia britannica, diretto da James Hyman e Tracy Marshall Grant. L’attenzione verso questi due poli di interesse è alta per motivi diversi.

Nel caso della Photographers’ Gallery, dopo un’esperienza di lunga data come quella dell’ex direttrice Brett Rogers, è inevitabile domandarsi come si evolverà questa istituzione, conosciuta in tutto il mondo per la sua programmazione dal taglio innovativo e internazionale. Per quanto riguarda il Centre for British Photography, l’apertura di un nuovo spazio espositivo è sempre accolta con entusiasmo, soprattutto se nasce con una mission precisa, valorizzare la rinomata collezione Hyman, avviata da James e Claire Hyman nel 1996 e composta da più di 3mila fotografie, presentando opere di fotografi che hanno un legame (non solo di nascita) con il Regno Unito.

«Il nostro obiettivo è rendere la collezione accessibile a un maggior numero possibile di persone. Il centro sarà a entrata libera e stringeremo partnership strategiche che ci porteranno a esporre la collezione in altre regioni del Paese, raggiungendo quel pubblico che non ha la possibilità di spostarsi fino a Londra; viceversa, ospiteremo enti e istituzioni che normalmente non si potrebbero permettere di esporre in una galleria della capitale», racconta Tracy Marshall Grant, con un’esperienza decennale nella gestione di festival, gallerie e istituzioni fotografiche, a cui è stato affidato il ruolo di vicedirettrice del centro. «Cerco di fare in modo che il mio lavoro giri attorno ai valori di equità sociale, giustizia e accessibilità. Molto di ciò che ho fatto nel corso degli anni è stato trattare la fotografia come un medium inclusivo, che non si rivolge solo a una nicchia privilegiata».

Il centro, avviato grazie all’investimento iniziale della Hyman Foundation, aprirà le porte a fine gennaio, con una programmazione espositiva ambiziosa: «The English at Home» presenterà oltre 150 fotografie provenienti dalla collezione Hyman che offrono uno spaccato sulla vita quotidiana e gli interni domestici (tra i nomi più conosciuti, Bill Brandt, Bert Hardy, Martin Parr, Karen Knorr, Anna Fox e Richard Billingham). «Headstrong: Women and Empowerment» sarà una mostra di autoritratti cocurata dal collettivo Fast Forward, che dal 2014 si impegna a valorizzare il lavoro di donne e persone non binarie nel mondo della fotografia (obiettivo condiviso dalla Hyman Foundation); infine, quattro mostre minori, allestite all’ultimo piano, metteranno in luce opere specifiche, tra cui «Jo Spence: Cinderella», in collaborazione con la Jo Spence Memorial Library, la serie «Fairytale for Sale» di Natasha Caruana e «Wish You Were Here» di Heather Agyepong, risultato di un progetto commissionato all’artista dalla collezione Hyman nel 2019.

Il Centre for British Photography si inserisce all’interno di un network di realtà già ben consolidato e le parole di Grant lo dimostrano: «Vediamo questo centro come qualcosa di complementare a ciò che fanno le altre istituzioni fotografiche della città, una parte in più dell’ingranaggio. La nostra organizzazione vuole collaborare con le altre realtà, perché in fondo lavoriamo tutti per gli stessi obiettivi e per farlo è necessario che ognuno interagisca in modo intelligente con gli altri».

Ad avvalorare questa prospettiva di cooperazione è l’affermazione della neodirettrice della Photographers’ Gallery: «Londra dispone di un’infrastruttura straordinaria per la promozione della fotografia, che è cresciuta molto negli ultimi decenni, con programmi fotografici importanti promossi da istituzioni prestigiose, come il Victoria and Albert, la Tate e Autograph. Nella mia esperienza c’è sempre stata una buona collaborazione tra queste organizzazioni e sono sicura che sarà così anche con il Centre for British Photography». Shoair Mavlian, che proprio alla Tate ha iniziato il suo percorso, crede fortemente nell’idea di istituzione come luogo deputato alla creazione di una comunità. «Sono molto interessata alle radici della Photographers’ Gallery, la più antica galleria dedicata alla fotografia del Regno Unito. Fondata nel 1971 come spazio di incontro, di esposizione e di discussione per i fotografi, ancora oggi è un luogo dove si condividono idee».

In questo contesto si inserisce Soho Photography Quarter, nuova area espositiva all’aperto e gratuita, che fino a maggio presenta la mostra «Fire/Flood» di Gideon Mendel: le conseguenze catastrofiche del cambiamento climatico si manifestano in gigantografie allestite sulle facciate dei palazzi intorno alla galleria, strizzando l’occhio all’ubiquità dell’immagine pubblicitaria nel contesto urbano. Alla base dell’operato di Mavlian ci sarà l’attenzione verso politiche rivolte a inclusione e diversità, «per garantire che un’ampia gamma di voci faccia parte della conversazione globale sulla fotografia», così come la promozione delle nuove forme dell’immagine contemporanea, proseguendo «il percorso di programmi dedicati all’intersezione tra fotografia e pratiche digitali, portato avanti da tempo dalla Photographers’ Gallery».

Il palinsesto di entrambe le organizzazioni, inoltre, comprenderà incontri, workshop e attività formative che amplificheranno l’impatto sul pubblico e sulla cittadinanza, rifacendosi a quella concezione di museo come dispositivo di conoscenza trasversale, arena in cui generare dibattiti e conversazioni orizzontali. Ascoltando le parole di Tracy Marshall Grant e Shoair Mavlian è chiaro come entrambe le istituzioni condividano visioni strategiche coraggiose, che implicano nuove opportunità, ma anche nuove sfide da affrontare.

Una cosa è certa: stando a queste premesse, Londra si riconferma un punto di riferimento per la fotografia internazionale, da cui non possiamo che trarre insegnamenti preziosi. Almeno sulla carta. Per esserne sicuri non ci resta che aspettare le evoluzioni dei prossimi mesi.

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